sabato 5 dicembre 2015

DAL 01 AL 05 DICEMBRE 2015 - VENEZIA GRATIS - VENICE FOR FREE

01 DICEMBRE 2015



Dentro l'arte #2
dal 29/11/2015 al 31/01/2016
Secondo appuntamento con la rassegna artistica Dentro l'arte presso gli spazi della storica osteria ed enoteca Ai Veterani di Venezia Mestre, domenica 29 novembre 2015, alle ore 11.30, con la presentazione dell’artista Roberto Cannata, a cura del critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 31 gennaio 2016 secondo gli orari di apertura del locale, è realizzata in collaborazione con Segnoperenne.
Il ciclo Dentro l’arte, avviato nel mese di marzo 2015 con la personale (da poco conclusa) della pittrice e poetessa padovana Nina Nasilli, riprende gli storici appuntamenti con artisti, critici, giornalisti e appassionati d’arte che per anni si sono susseguiti nelle sale del locale per volere di Massimo e Isa Cossio e che hanno contribuito, nel recente passato, a tracciare la storia culturale di Mestre, ospitando ed esponendo i principali protagonisti della vita culturale cittadina e divenendo luogo privilegiato per la discussione e il dibattito artistico, consolidando, nel tempo, un pubblico sempre più attento e appassionato.
Dopo una breve quanto necessaria interruzione Isa ha deciso di ripartire, affidando a Gaetano Salerno, critico e curatore d’arte indipendente da anni attivo nella promozione culturale di artisti di area veneziana di terraferma, il compito di ritracciare le linee guida della realtà artistica cittadina odierna e di leggerne gli sviluppi attraverso una nuova serie di esposizioni personali allo scopo di monitorare, conoscere e approfondire la situazione attuale dell’arte di una città ricca di stimoli e di contenuti, riunendo vecchi e nuovi amici, secondo lo spirito di amicizia, scambio e socialità che ha animato i vecchi cenacoli (al motto di “veterani si nasce”).
Coadiuvato da storici e imprescindibili veterani, il maestro Luigi Voltolina, il poeta Massimo Scrignòli e lo stampatore d’arte Claudio Barbato, il critico Gaetano Salerno ha iniziato così a lavorare al nuovo ciclo di eventi, rivolto a selezionati artisti locali che di quel periodo felice e produttivo hanno raccolto l’eredità, contribuendo con il proprio lavoro e la propria ricerca a ribadire l’importanza della realtà mestrina nel panorama artistico contemporaneo e che verranno esposti in piccole ma significative personali.
Secondo appuntamento dunque con Roberto Cannata e una selezione ragionata di MIRRORS, ultimo ciclo di lavori dell’artista, molti dei quali inediti e realizzati per l’occasione; verrà infatti presentata al pubblico la più recente ricerca dell’artista, da sempre raffinato interprete di una pittura di forma e ispirazione accademica legata alle suggestioni e agli accordi cromatici dell’olio su tela, qui presente invece con lavori di piccole dimensioni, realizzati su carta e legno, con tecnica mista (fotografia, collage, pastelli, oli, gessi, matite, resina); un percorso inatteso che della produzione più conosciuta potrebbe apparire antitesi ma che invece costituisce, secondo il critico Gaetano Salerno che da tempo segue il lavoro dell’artista, un’evoluzione nonché un necessario compendio a una pittura ponderata e rigorosa che ora si libera delle impostazioni eleganti, concedendosi fratture, rotture, interruzioni narrative per esplorare nuovi stati dell’Io, senza tuttavia rinunciare al dato psicologico, all’intrusione nella psiche umana che ne caratterizza l’intera opera, mai limitata alla piacevolezza estetica dei virtuosismi segnici.
Scrive infatti Gaetano Salerno a proposito di questo ciclo di lavori: “Un passaggio significativo segnato dal ciclo Mirrors nell’opera dell’artista Roberto Cannata; svincolare il proprio gesto pittorico da una forma espressiva rigorosa e accademica in favore d’inattese suggestioni compositive rette da nuove grammatiche e nuovi linguaggi equivale a introdurre – e accettare – un principio di casualità e d’imponderabilità fino ad oggi assente. Una nuova prosodia rompe le lineari ortodossie di costruzioni cromatiche per aprirsi invece a visioni affidate alla fotografia e al collage. Le immagini si costruiscono sulla tela per sovrapposizione e giustapposizione, moltiplicandosi esponenzialmente per ricomporre i ritagli selezionati dall’artista sotto nuova forma. Ciascuna tavola evoca, dettagliando e descrivendo soggetti allegorici, le anomalie di universi psichici ancora più inquietanti (tra surrealtà e metafisica) di quelli nei quali l’artista ci aveva lasciato precipitare. Le frammentazioni e le decostruzioni di un ordine logico evidenziano con più efficacia le incertezze dell’animo umano. L’intervento pittorico, talvolta minimale, ricompone le fratture tra gli elementi, ricercando un logos ormai perduto. Le resine epossidiche congelano ogni visione a una fissa eternità, costrette all’immutabilità claustrofobica di copioni esistenziali tragici. La lucentezza della resina inverte e ridiscute il concetto di verità dell’arte e falsità della vita, riflettendo e includendo la nostra immagine virtuale nella perenne compresenza con storie tragiche contemporanee delle quali non possiamo essere soltanto passivi osservatori”.
Roberto Cannata nasce a Venezia Mestre nel 1961. Diplomato in pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia ha poi approfondito le tecniche d’incisione presso la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia. Ha partecipato a vari concorsi ed esposto in mostre personali e collettive con opere pittoriche, scultoree e installazioni, collaborando inoltre con artisti internazionali presso importanti sedi museali e Biennale di Venezia.
dettagli
Biglietto: ingresso libero


Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35590.htm






Axial Ages
dal 29/11/2015 al 13/11/2015

Si inaugura sabato 28 novembre 2015, alle ore 19.00, presso gli spazi espositivi di Villa Orsini di Scorzè, Axial Ages, collettiva degli artisti Tiziano Bellomi, Christian Gobbo, Enrico Minato e Paolo Pavan, a cura del critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 13 dicembre 2015, è realizzata da Segnoperenne in collaborazione con il Comune di Scorzè e con il Circolo Culturale Scorzè; l’appuntamento espositivo costituisce il terzo capitolo di un progetto culturale declinato in sei distinti episodi (Società Alternate - Verso nuove società dell’arte, ideato e curato da Gaetano Salerno), ispirato alla filosofia della decrescita e incentrato sulla ricerca e analisi dei fenomeni artistici e sociologici della contemporaneità. Nella costruzione di un processo di decrescita anche l’arte rinuncia a linguaggi aulici, a forme iperboliche ma vacue, per riorganizzarsi in strutture più concrete di comunicazione, verso produzioni calate all’interno di un percorso formativo vicino alle contraddizioni e alle peculiarità di una realtà odierna complessa e sfaccettata, apparentemente incomprensibile, necessarie per evidenziarne le incongruenze, i limiti e – se possibile – fornire spunti concreti di cambiamento.
Dopo le collettive e.t.w.a.s. (aprile 2015, ricerca sull’arte del riciclo) e Lumìna Sòlis (maggio 2015, ricerca sull’arte della luce), il terzo dei sei appuntamenti previsti sviluppa un percorso di analisi incentrato sull’arte dell’assenza, intendendo con questa definizione forme espressive ermetiche la cui valenza comunicativa è celata dall’oggetto artistico stesso, privato delle connotazioni di autoreferenzialità e di ieratico iconismo entro i quali sovente l’arte contemporanea si trincera, sublimandosi nell’estetismo, nell’istantaneità del compiacimento visivo, assolvendo erroneamente la propria funzione.
Axial Ages presenta al pubblico un’eterogenea e ragionata selezione critica dei lavori di quattro artisti (lontani tra loro per linguaggi e ricerche) attraverso i quali istruire scambi biunivoci e sintonie nel tentativo di individuare pretesti d’indagine verso nuove significazioni del gesto creativo, oltre l’immediata e superficiale sua decodifica: i libri-oggetto (blocchi di sapere inerti, libri depotenziati della funzione d’uso primaria, contenitori di culture inevitabilmente elitarie alle quali l’artista, incollando le pagine, nega il libero accesso, costringendo il lettore a intuire percorsi autonomi, alternativi e sperimentativi, verso la conoscenza e l’apprendimento) e l’azione performativo - didattica di Enrico Minato, ragionamento sul valore delle parole, ricomposte attraverso azioni guidate alla decrittazione del messaggio e alla sua compiutezza; le sculture al neon di Christian Gobbo, attraverso le quali la parola - diffusa e trascesa in metafisici bagliori che smaterializzano l’oggetto nel concetto - diventa pretesto riflessivo per percepire presunte forme d’illuminazione simili a scoperte iniziatiche; l’apparizione epifanica e inattesa – apparentemente effimera - di elementi archetipici negli oli su tela di Paolo Pavan le cui composizioni cromatiche, in perenne disfacimento e trasformazione, ridiscutono la certezza dell’oggetto ritratto, negata dalla metamorfosi stessa in atto e dalla netta e inevitabile simbiosi tra la forma compiuta e la sua speculare incompiutezza, visualizzazione pittorica del dubbio intellettivo; le sculture di cemento, minimali e materiche - anch’esse eternizzazione di un archetipo - di Tiziano Bellomi, i cui oggetti artistici (selezionati tra le opere prodotte da altri artisti), cementificati e imprigionati dentro l’oggetto-manufatto, rifuggono un’immediata quanto parziale fruizione visiva e ridiscutono - intraprendendo molteplici digressioni concettuali tra apparenza ed essenza - i principi di verità e di autorevolezza di forme d’arte onnipresenti e onniscienti.
Pittura, scultura, installazioni, video, neon e azioni performative invaderanno lo spazio espositivo senza soluzione di continuità, evitando logiche curatoriali consuete, per sviluppare invece un complesso percorso enunciativo ed escatologico, privo di evidenti e aprioristiche direttive, nel tentativo di condurre lo spettatore a rivelazioni posteriori, sospendendone il giudizio e la comprensione in un limbo d’indefinitezza e di dubbi condivisi, necessari per la riscoperta di verità non più individuali, inferite dai propri saperi pregressi ma riconducibili a esperienze esistenziali collettive di una società in formazione.
dettagli
Biglietto: ingresso libero
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35563.htm








GRIGio 2
dal 24/11/2015 al 11/01/2016

Martedì 24 novembre 2015 alle ore 17.30 presso la Biblioteca e Centro Culturale Hugo Pratt del Lido di Venezia viene inaugurata la Mostra personale di pittura di Silvia Stocchetto 'GRIGio 2'.
L'artista veneziana presenta nell'occasione oltre venti tele realizzate a olio e in tecnica mista, nonché una selezione di incisioni che illustrano la sua più recente produzione.
La presentazione è a cura dello scrittore Antonio Scutari.
La Mostra è visitabile presso la sala espositiva della Biblioteca Hugo Pratt dal 24 novembre 2015 all'11 gennaio 2016 nei seguenti orari: lun-mer-ven 9.00-14.00 e mar-gio 9.00-18.00
“Sono probabilmente illimitate le possibilità di declinazione della natura morta. A partire da certe piccole decorazioni murali in ville romane d'epoca imperiale, forse i primi esempi nella nostra storia della pittura, il 'genere' si riattiva continuamente, confermandosi inconsumabile.
Il particolare realismo dei quadri di Silvia Stocchetto è certamente da iscrivere in quella così vasta e sfumata tendenza internazionale chiamata realismo Magico. Sebbene minuzioso e preciso, il suo realismo non ha né l'esibizionismo virtuosistico, né l'oggettualismo ottuso dell'Iperrealismo.
La disposizione, il montaggio e soprattutto il tonalismo metallico, plumbeo, in cui i suoi oggetti sono immersi, danno una sensazione strana di divertimento e insieme di austerità, di affetto e di freddezza, di assurdità e di naturalezza.
Questa serie così omogenea di nature morte inscena, dunque, qualcosa di contraddittorio: come una teatralità ermetica, si, ma tuttavia coinvolgente; una ironica, muta “drammaturgia” domestica”. (Carlo Maschietto)
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Biglietto: ingresso libero
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35502.htm








Come eravamo, in bianco e nero
dal 20/11/2015 al 31/01/2016

Mostra, a cura di Elisabetta Da Lio e Vittorio Pavan, con le immagini dell'agenzia fotogiornalistica Cameraphoto Archivio Cameraphoto Epoche Venezia
Sette lustri di vita veneziana, dal dopoguerra ai primi anni Ottanta, si raccontano nella “verità” della fotografia, in una vasta panoramica, che pur è soltanto una minima parte dello sconfinato archivio di Cameraphoto: allora concorrente nel fotogiornalismo con l’agenzia Afi del Gazzettino e con i fotografi dell’Ansa, oggi miniera forse unica per la memoria e la ricerca.
Preziosa per rinverdire il ricordo di chi c’era (e molto ha dimenticato) e per far conoscere a chi non c’era un “come eravamo” che fonda ancora il nostro oggi, l’antologia proposta al Candiani, spazia con tocco leggero e profondo insieme dalle miserabili condizioni dei pianiterra abitati ai fasti del “ballo del secolo” di Carlos de Beistegui a palazzo Labia, dal delitto di Ca’ Dario all’incendio della petroliera Luisa nel canale della Giudecca, dagli scioperi a Porto Marghera alla realizzazione dell’aeroporto di Tessera, dai lavori sul cavalcaferrovia all’arrivo dei profughi vietnamiti, dal recupero del sommergibile Medusa all’ambulanza in barca a remi, dal nascente Villaggio San Marco alle classi elementari rigorosamente monosex, in un caleidoscopico transitare dalla cronaca nera a quella rosa, dai grandi personaggi alla gente comune, dalla città d’acqua a quella di terraferma, dagli anni postbellici a quelli del boom, cui gli scarni accenni delle righe precedenti vogliono essere soltanto un modesto trailer, tanto per restare in tema di immagini...
Altri e altrove diranno dei fotografi che hanno operato nella lunga e complessa storia di quella che Dino Jarach fondò come Interfoto all’indomani della guerra, divenuta poi Cameraphoto e infine traghettata da Celio Scapin verso la riproduzione artistica, ma sempre attenta al fotogiornalismo. Nell’archivio curato da Vittorio Pavan, trecentomila negativi della gloriosa Rolleiflex attendono di raccontare di nuovo la storia di una città, della quale oggi offrono una affascinante carrellata.
(Leopoldo Pietragnoli)
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Biglietto: ingresso libero

Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35472.htm








Confluence Island
dal 19/11/2015 al 19/12/2015
              
Mostra 'Confluence Island' di Janet Bellotto, curata da KJ Baysa è aperta dal 20 novembre al 19 dicembre 2015.
Confluence Island è un luogo nato dall’unione di due isole che sono confluite assieme fino a formare uno spazio altro, allo stesso tempo unico e duplice. E’ una fusione, reale e immaginaria, di terre e acque vicine geograficamente ma lontane nella loro essenza. La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan Jeff-Baysa
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35467.htm








Mostra personale di Leonardo D'Este
dal 19/11/2015 al 03/12/2015
Arte contemporanea (o moderna)? No grazie! E’ meglio fare un viaggio a ritroso e andare a ritrovare in un lontano passato altri punti di riferimento in maestri che si chiamano Velasquez, Tiziano o magari Sargent, nella loro versione di ritrattisti. E’ questo il percorso intrapreso dal veneziano Leonardo D’Este che, dopo la laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e varie esperienze nell’ambito del paesaggio e della figura, da quattro anni ha messo al centro della sua ricerca il volto umano, facendone quasi una missione, all’insegna della verità e della sincerità. Per rafforzare la sua formazione classica si reca in Grecia presso la scuola del maestro Konstantin Kerestetzis e poi a Firenze per frequentare i corsi di pittura della Florence Academy of Art e del Charles H.Cecil Studios. Esperienze che gli permettono di perfezionare sempre più la sua tecnica ritrattistica sia per quanto riguarda i dettagli che gli effetti di luce. Il metodo utilizzato è quello del sight size, con il modello posto a una certa di distanza dal cavalletto. Leonardo D’Este vive e opera nell’isola di Burano.
Rassegna a cura di Emanuele Horodniceanu
dettagli
Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35487.htm










02 DICEMBRE 2015



Evolution Visio
dal 15/11/2015 al 13/12/2015
   
Mostra dal 15 novembre al 13 dicembre 'Evolution Visio. Fotografie di Giovanni Cecchinato'. A cura di Riccardo Caldura
'Il nostro essere attori partecipi, all’interno della città, è costantemente pizzicato da una serie continua di immagini che trasferiscono al nostro cervello stimoli, sensazioni e percezioni diverse che manifestano il benessere o il malessere di una situazione urbana generalmente difficilmente decriptabile. Esiste un processo mentale gerarchico che definisce la memoria dei luoghi. Quasi mai la scala dimensionale è quella che ne determina la scala gerarchica. Spesso ciò che resta impresso nella mente di una piazza o di uno spazio libero è la posizione dell’edicola, di un chiosco, di uno stendardo e non quella degli edifici che fanno da contorno o occupano la stessa piazza. L’equilibrio compositivo e la riconoscibilità degli spazi vuoti, la loro pulizia formale sono condizione fondamentale per la percezione di una “bella” città equilibrata e ordinata. Questa mostra fotografica, e il suo elevato livello analitico nella lettura del contesto urbano, sono occasione per discutere su come questo processo critico possa essere elemento fondamentale per dare un senso al vivere bene (in strada, nella città). Un modo per riflettere su come questo tessuto arterioso indifferenziato degli spazi vuoti (le strade, i marciapiedi, i giardini, i canali e le loro rive ecc.), elementi comuni alla città, debba e possa essere la cornice di una città “visibilmente” bella. È quindi meglio (anzi è indispensabile) un vaso di fiori o un addobbo che segua le stagioni, un angolo del marciapiede pulito e privo di cartacce, per ricordare e vivere positivamente un luogo architettonicamente bello. In questo senso, la Città deve dare indicazioni prescrittive chiare perché questo avvenga affinché “le regole” siano non solo quantitative ma producano anche una visibile percezione della loro bontà e opportunità per una migliore qualità della vita. A tal riguardo nella Città Giardino di Marghera il progetto e la sua effettiva realizzazione originale hanno portato, in parte nel tempo, alla riduzione della sua caratterizzazione qualitativa funzionale a favore di una deformazione quantitativa funzionale. Del tutto differente invece la sorte della Terraferma Mestrina la cui pianificazione e le cui norme hanno avuto una impostazione esclusivamente quantitativa. La differenza tra le parti del territorio è visibile e va recuperata nella sua qualità funzionale enfatizzando e ponendo sotto gli occhi di tutti gli elementi di riconoscibilità dell’architettura e dell’urbanistica.'
(ario Toffanello, Fabio Bevilacqua e Pietro Lotto)
La mostra sarà poi esposta dal 15 al 30 gennaio 2016 all' Università di Architettura, Venezia e dal 6 febbraio al 6 marzo 2016 alla Galleria d'Arte Biffi, Piacenza.
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Biglietto: ingresso libero
approfondimenti

Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35464.htm






Dentro l'arte #2
dal 29/11/2015 al 31/01/2016
Secondo appuntamento con la rassegna artistica Dentro l'arte presso gli spazi della storica osteria ed enoteca Ai Veterani di Venezia Mestre, domenica 29 novembre 2015, alle ore 11.30, con la presentazione dell’artista Roberto Cannata, a cura del critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 31 gennaio 2016 secondo gli orari di apertura del locale, è realizzata in collaborazione con Segnoperenne.
Il ciclo Dentro l’arte, avviato nel mese di marzo 2015 con la personale (da poco conclusa) della pittrice e poetessa padovana Nina Nasilli, riprende gli storici appuntamenti con artisti, critici, giornalisti e appassionati d’arte che per anni si sono susseguiti nelle sale del locale per volere di Massimo e Isa Cossio e che hanno contribuito, nel recente passato, a tracciare la storia culturale di Mestre, ospitando ed esponendo i principali protagonisti della vita culturale cittadina e divenendo luogo privilegiato per la discussione e il dibattito artistico, consolidando, nel tempo, un pubblico sempre più attento e appassionato.
Dopo una breve quanto necessaria interruzione Isa ha deciso di ripartire, affidando a Gaetano Salerno, critico e curatore d’arte indipendente da anni attivo nella promozione culturale di artisti di area veneziana di terraferma, il compito di ritracciare le linee guida della realtà artistica cittadina odierna e di leggerne gli sviluppi attraverso una nuova serie di esposizioni personali allo scopo di monitorare, conoscere e approfondire la situazione attuale dell’arte di una città ricca di stimoli e di contenuti, riunendo vecchi e nuovi amici, secondo lo spirito di amicizia, scambio e socialità che ha animato i vecchi cenacoli (al motto di “veterani si nasce”).
Coadiuvato da storici e imprescindibili veterani, il maestro Luigi Voltolina, il poeta Massimo Scrignòli e lo stampatore d’arte Claudio Barbato, il critico Gaetano Salerno ha iniziato così a lavorare al nuovo ciclo di eventi, rivolto a selezionati artisti locali che di quel periodo felice e produttivo hanno raccolto l’eredità, contribuendo con il proprio lavoro e la propria ricerca a ribadire l’importanza della realtà mestrina nel panorama artistico contemporaneo e che verranno esposti in piccole ma significative personali.
Secondo appuntamento dunque con Roberto Cannata e una selezione ragionata di MIRRORS, ultimo ciclo di lavori dell’artista, molti dei quali inediti e realizzati per l’occasione; verrà infatti presentata al pubblico la più recente ricerca dell’artista, da sempre raffinato interprete di una pittura di forma e ispirazione accademica legata alle suggestioni e agli accordi cromatici dell’olio su tela, qui presente invece con lavori di piccole dimensioni, realizzati su carta e legno, con tecnica mista (fotografia, collage, pastelli, oli, gessi, matite, resina); un percorso inatteso che della produzione più conosciuta potrebbe apparire antitesi ma che invece costituisce, secondo il critico Gaetano Salerno che da tempo segue il lavoro dell’artista, un’evoluzione nonché un necessario compendio a una pittura ponderata e rigorosa che ora si libera delle impostazioni eleganti, concedendosi fratture, rotture, interruzioni narrative per esplorare nuovi stati dell’Io, senza tuttavia rinunciare al dato psicologico, all’intrusione nella psiche umana che ne caratterizza l’intera opera, mai limitata alla piacevolezza estetica dei virtuosismi segnici.
Scrive infatti Gaetano Salerno a proposito di questo ciclo di lavori: “Un passaggio significativo segnato dal ciclo Mirrors nell’opera dell’artista Roberto Cannata; svincolare il proprio gesto pittorico da una forma espressiva rigorosa e accademica in favore d’inattese suggestioni compositive rette da nuove grammatiche e nuovi linguaggi equivale a introdurre – e accettare – un principio di casualità e d’imponderabilità fino ad oggi assente. Una nuova prosodia rompe le lineari ortodossie di costruzioni cromatiche per aprirsi invece a visioni affidate alla fotografia e al collage. Le immagini si costruiscono sulla tela per sovrapposizione e giustapposizione, moltiplicandosi esponenzialmente per ricomporre i ritagli selezionati dall’artista sotto nuova forma. Ciascuna tavola evoca, dettagliando e descrivendo soggetti allegorici, le anomalie di universi psichici ancora più inquietanti (tra surrealtà e metafisica) di quelli nei quali l’artista ci aveva lasciato precipitare. Le frammentazioni e le decostruzioni di un ordine logico evidenziano con più efficacia le incertezze dell’animo umano. L’intervento pittorico, talvolta minimale, ricompone le fratture tra gli elementi, ricercando un logos ormai perduto. Le resine epossidiche congelano ogni visione a una fissa eternità, costrette all’immutabilità claustrofobica di copioni esistenziali tragici. La lucentezza della resina inverte e ridiscute il concetto di verità dell’arte e falsità della vita, riflettendo e includendo la nostra immagine virtuale nella perenne compresenza con storie tragiche contemporanee delle quali non possiamo essere soltanto passivi osservatori”.
Roberto Cannata nasce a Venezia Mestre nel 1961. Diplomato in pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia ha poi approfondito le tecniche d’incisione presso la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia. Ha partecipato a vari concorsi ed esposto in mostre personali e collettive con opere pittoriche, scultoree e installazioni, collaborando inoltre con artisti internazionali presso importanti sedi museali e Biennale di Venezia.
dettagli
Biglietto: ingresso libero


Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35590.htm







Axial Ages
dal 29/11/2015 al 13/11/2015

Si inaugura sabato 28 novembre 2015, alle ore 19.00, presso gli spazi espositivi di Villa Orsini di Scorzè, Axial Ages, collettiva degli artisti Tiziano Bellomi, Christian Gobbo, Enrico Minato e Paolo Pavan, a cura del critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 13 dicembre 2015, è realizzata da Segnoperenne in collaborazione con il Comune di Scorzè e con il Circolo Culturale Scorzè; l’appuntamento espositivo costituisce il terzo capitolo di un progetto culturale declinato in sei distinti episodi (Società Alternate - Verso nuove società dell’arte, ideato e curato da Gaetano Salerno), ispirato alla filosofia della decrescita e incentrato sulla ricerca e analisi dei fenomeni artistici e sociologici della contemporaneità. Nella costruzione di un processo di decrescita anche l’arte rinuncia a linguaggi aulici, a forme iperboliche ma vacue, per riorganizzarsi in strutture più concrete di comunicazione, verso produzioni calate all’interno di un percorso formativo vicino alle contraddizioni e alle peculiarità di una realtà odierna complessa e sfaccettata, apparentemente incomprensibile, necessarie per evidenziarne le incongruenze, i limiti e – se possibile – fornire spunti concreti di cambiamento.
Dopo le collettive e.t.w.a.s. (aprile 2015, ricerca sull’arte del riciclo) e Lumìna Sòlis (maggio 2015, ricerca sull’arte della luce), il terzo dei sei appuntamenti previsti sviluppa un percorso di analisi incentrato sull’arte dell’assenza, intendendo con questa definizione forme espressive ermetiche la cui valenza comunicativa è celata dall’oggetto artistico stesso, privato delle connotazioni di autoreferenzialità e di ieratico iconismo entro i quali sovente l’arte contemporanea si trincera, sublimandosi nell’estetismo, nell’istantaneità del compiacimento visivo, assolvendo erroneamente la propria funzione.
Axial Ages presenta al pubblico un’eterogenea e ragionata selezione critica dei lavori di quattro artisti (lontani tra loro per linguaggi e ricerche) attraverso i quali istruire scambi biunivoci e sintonie nel tentativo di individuare pretesti d’indagine verso nuove significazioni del gesto creativo, oltre l’immediata e superficiale sua decodifica: i libri-oggetto (blocchi di sapere inerti, libri depotenziati della funzione d’uso primaria, contenitori di culture inevitabilmente elitarie alle quali l’artista, incollando le pagine, nega il libero accesso, costringendo il lettore a intuire percorsi autonomi, alternativi e sperimentativi, verso la conoscenza e l’apprendimento) e l’azione performativo - didattica di Enrico Minato, ragionamento sul valore delle parole, ricomposte attraverso azioni guidate alla decrittazione del messaggio e alla sua compiutezza; le sculture al neon di Christian Gobbo, attraverso le quali la parola - diffusa e trascesa in metafisici bagliori che smaterializzano l’oggetto nel concetto - diventa pretesto riflessivo per percepire presunte forme d’illuminazione simili a scoperte iniziatiche; l’apparizione epifanica e inattesa – apparentemente effimera - di elementi archetipici negli oli su tela di Paolo Pavan le cui composizioni cromatiche, in perenne disfacimento e trasformazione, ridiscutono la certezza dell’oggetto ritratto, negata dalla metamorfosi stessa in atto e dalla netta e inevitabile simbiosi tra la forma compiuta e la sua speculare incompiutezza, visualizzazione pittorica del dubbio intellettivo; le sculture di cemento, minimali e materiche - anch’esse eternizzazione di un archetipo - di Tiziano Bellomi, i cui oggetti artistici (selezionati tra le opere prodotte da altri artisti), cementificati e imprigionati dentro l’oggetto-manufatto, rifuggono un’immediata quanto parziale fruizione visiva e ridiscutono - intraprendendo molteplici digressioni concettuali tra apparenza ed essenza - i principi di verità e di autorevolezza di forme d’arte onnipresenti e onniscienti.
Pittura, scultura, installazioni, video, neon e azioni performative invaderanno lo spazio espositivo senza soluzione di continuità, evitando logiche curatoriali consuete, per sviluppare invece un complesso percorso enunciativo ed escatologico, privo di evidenti e aprioristiche direttive, nel tentativo di condurre lo spettatore a rivelazioni posteriori, sospendendone il giudizio e la comprensione in un limbo d’indefinitezza e di dubbi condivisi, necessari per la riscoperta di verità non più individuali, inferite dai propri saperi pregressi ma riconducibili a esperienze esistenziali collettive di una società in formazione.
dettagli
Biglietto: ingresso libero
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35563.htm








GRIGio 2
dal 24/11/2015 al 11/01/2016

Martedì 24 novembre 2015 alle ore 17.30 presso la Biblioteca e Centro Culturale Hugo Pratt del Lido di Venezia viene inaugurata la Mostra personale di pittura di Silvia Stocchetto 'GRIGio 2'.
L'artista veneziana presenta nell'occasione oltre venti tele realizzate a olio e in tecnica mista, nonché una selezione di incisioni che illustrano la sua più recente produzione.
La presentazione è a cura dello scrittore Antonio Scutari.
La Mostra è visitabile presso la sala espositiva della Biblioteca Hugo Pratt dal 24 novembre 2015 all'11 gennaio 2016 nei seguenti orari: lun-mer-ven 9.00-14.00 e mar-gio 9.00-18.00
“Sono probabilmente illimitate le possibilità di declinazione della natura morta. A partire da certe piccole decorazioni murali in ville romane d'epoca imperiale, forse i primi esempi nella nostra storia della pittura, il 'genere' si riattiva continuamente, confermandosi inconsumabile.
Il particolare realismo dei quadri di Silvia Stocchetto è certamente da iscrivere in quella così vasta e sfumata tendenza internazionale chiamata realismo Magico. Sebbene minuzioso e preciso, il suo realismo non ha né l'esibizionismo virtuosistico, né l'oggettualismo ottuso dell'Iperrealismo.
La disposizione, il montaggio e soprattutto il tonalismo metallico, plumbeo, in cui i suoi oggetti sono immersi, danno una sensazione strana di divertimento e insieme di austerità, di affetto e di freddezza, di assurdità e di naturalezza.
Questa serie così omogenea di nature morte inscena, dunque, qualcosa di contraddittorio: come una teatralità ermetica, si, ma tuttavia coinvolgente; una ironica, muta “drammaturgia” domestica”. (Carlo Maschietto)
dettagli
Biglietto: ingresso libero
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35502.htm








Come eravamo, in bianco e nero
dal 20/11/2015 al 31/01/2016

Mostra, a cura di Elisabetta Da Lio e Vittorio Pavan, con le immagini dell'agenzia fotogiornalistica Cameraphoto Archivio Cameraphoto Epoche Venezia
Sette lustri di vita veneziana, dal dopoguerra ai primi anni Ottanta, si raccontano nella “verità” della fotografia, in una vasta panoramica, che pur è soltanto una minima parte dello sconfinato archivio di Cameraphoto: allora concorrente nel fotogiornalismo con l’agenzia Afi del Gazzettino e con i fotografi dell’Ansa, oggi miniera forse unica per la memoria e la ricerca.
Preziosa per rinverdire il ricordo di chi c’era (e molto ha dimenticato) e per far conoscere a chi non c’era un “come eravamo” che fonda ancora il nostro oggi, l’antologia proposta al Candiani, spazia con tocco leggero e profondo insieme dalle miserabili condizioni dei pianiterra abitati ai fasti del “ballo del secolo” di Carlos de Beistegui a palazzo Labia, dal delitto di Ca’ Dario all’incendio della petroliera Luisa nel canale della Giudecca, dagli scioperi a Porto Marghera alla realizzazione dell’aeroporto di Tessera, dai lavori sul cavalcaferrovia all’arrivo dei profughi vietnamiti, dal recupero del sommergibile Medusa all’ambulanza in barca a remi, dal nascente Villaggio San Marco alle classi elementari rigorosamente monosex, in un caleidoscopico transitare dalla cronaca nera a quella rosa, dai grandi personaggi alla gente comune, dalla città d’acqua a quella di terraferma, dagli anni postbellici a quelli del boom, cui gli scarni accenni delle righe precedenti vogliono essere soltanto un modesto trailer, tanto per restare in tema di immagini...
Altri e altrove diranno dei fotografi che hanno operato nella lunga e complessa storia di quella che Dino Jarach fondò come Interfoto all’indomani della guerra, divenuta poi Cameraphoto e infine traghettata da Celio Scapin verso la riproduzione artistica, ma sempre attenta al fotogiornalismo. Nell’archivio curato da Vittorio Pavan, trecentomila negativi della gloriosa Rolleiflex attendono di raccontare di nuovo la storia di una città, della quale oggi offrono una affascinante carrellata.
(Leopoldo Pietragnoli)
dettagli
Biglietto: ingresso libero

Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35472.htm








Confluence Island
dal 19/11/2015 al 19/12/2015
              
Mostra 'Confluence Island' di Janet Bellotto, curata da KJ Baysa è aperta dal 20 novembre al 19 dicembre 2015.
Confluence Island è un luogo nato dall’unione di due isole che sono confluite assieme fino a formare uno spazio altro, allo stesso tempo unico e duplice. E’ una fusione, reale e immaginaria, di terre e acque vicine geograficamente ma lontane nella loro essenza. La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan Jeff-Baysa
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35467.htm








Mostra personale di Leonardo D'Este
dal 19/11/2015 al 03/12/2015
Arte contemporanea (o moderna)? No grazie! E’ meglio fare un viaggio a ritroso e andare a ritrovare in un lontano passato altri punti di riferimento in maestri che si chiamano Velasquez, Tiziano o magari Sargent, nella loro versione di ritrattisti. E’ questo il percorso intrapreso dal veneziano Leonardo D’Este che, dopo la laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e varie esperienze nell’ambito del paesaggio e della figura, da quattro anni ha messo al centro della sua ricerca il volto umano, facendone quasi una missione, all’insegna della verità e della sincerità. Per rafforzare la sua formazione classica si reca in Grecia presso la scuola del maestro Konstantin Kerestetzis e poi a Firenze per frequentare i corsi di pittura della Florence Academy of Art e del Charles H.Cecil Studios. Esperienze che gli permettono di perfezionare sempre più la sua tecnica ritrattistica sia per quanto riguarda i dettagli che gli effetti di luce. Il metodo utilizzato è quello del sight size, con il modello posto a una certa di distanza dal cavalletto. Leonardo D’Este vive e opera nell’isola di Burano.
Rassegna a cura di Emanuele Horodniceanu
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35487.htm









03 DICEMBRE 2015



Evolution Visio
dal 15/11/2015 al 13/12/2015
   
Mostra dal 15 novembre al 13 dicembre 'Evolution Visio. Fotografie di Giovanni Cecchinato'. A cura di Riccardo Caldura
'Il nostro essere attori partecipi, all’interno della città, è costantemente pizzicato da una serie continua di immagini che trasferiscono al nostro cervello stimoli, sensazioni e percezioni diverse che manifestano il benessere o il malessere di una situazione urbana generalmente difficilmente decriptabile. Esiste un processo mentale gerarchico che definisce la memoria dei luoghi. Quasi mai la scala dimensionale è quella che ne determina la scala gerarchica. Spesso ciò che resta impresso nella mente di una piazza o di uno spazio libero è la posizione dell’edicola, di un chiosco, di uno stendardo e non quella degli edifici che fanno da contorno o occupano la stessa piazza. L’equilibrio compositivo e la riconoscibilità degli spazi vuoti, la loro pulizia formale sono condizione fondamentale per la percezione di una “bella” città equilibrata e ordinata. Questa mostra fotografica, e il suo elevato livello analitico nella lettura del contesto urbano, sono occasione per discutere su come questo processo critico possa essere elemento fondamentale per dare un senso al vivere bene (in strada, nella città). Un modo per riflettere su come questo tessuto arterioso indifferenziato degli spazi vuoti (le strade, i marciapiedi, i giardini, i canali e le loro rive ecc.), elementi comuni alla città, debba e possa essere la cornice di una città “visibilmente” bella. È quindi meglio (anzi è indispensabile) un vaso di fiori o un addobbo che segua le stagioni, un angolo del marciapiede pulito e privo di cartacce, per ricordare e vivere positivamente un luogo architettonicamente bello. In questo senso, la Città deve dare indicazioni prescrittive chiare perché questo avvenga affinché “le regole” siano non solo quantitative ma producano anche una visibile percezione della loro bontà e opportunità per una migliore qualità della vita. A tal riguardo nella Città Giardino di Marghera il progetto e la sua effettiva realizzazione originale hanno portato, in parte nel tempo, alla riduzione della sua caratterizzazione qualitativa funzionale a favore di una deformazione quantitativa funzionale. Del tutto differente invece la sorte della Terraferma Mestrina la cui pianificazione e le cui norme hanno avuto una impostazione esclusivamente quantitativa. La differenza tra le parti del territorio è visibile e va recuperata nella sua qualità funzionale enfatizzando e ponendo sotto gli occhi di tutti gli elementi di riconoscibilità dell’architettura e dell’urbanistica.'
(ario Toffanello, Fabio Bevilacqua e Pietro Lotto)
La mostra sarà poi esposta dal 15 al 30 gennaio 2016 all' Università di Architettura, Venezia e dal 6 febbraio al 6 marzo 2016 alla Galleria d'Arte Biffi, Piacenza.
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Biglietto: ingresso libero
approfondimenti

Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35464.htm






Dentro l'arte #2
dal 29/11/2015 al 31/01/2016
Secondo appuntamento con la rassegna artistica Dentro l'arte presso gli spazi della storica osteria ed enoteca Ai Veterani di Venezia Mestre, domenica 29 novembre 2015, alle ore 11.30, con la presentazione dell’artista Roberto Cannata, a cura del critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 31 gennaio 2016 secondo gli orari di apertura del locale, è realizzata in collaborazione con Segnoperenne.
Il ciclo Dentro l’arte, avviato nel mese di marzo 2015 con la personale (da poco conclusa) della pittrice e poetessa padovana Nina Nasilli, riprende gli storici appuntamenti con artisti, critici, giornalisti e appassionati d’arte che per anni si sono susseguiti nelle sale del locale per volere di Massimo e Isa Cossio e che hanno contribuito, nel recente passato, a tracciare la storia culturale di Mestre, ospitando ed esponendo i principali protagonisti della vita culturale cittadina e divenendo luogo privilegiato per la discussione e il dibattito artistico, consolidando, nel tempo, un pubblico sempre più attento e appassionato.
Dopo una breve quanto necessaria interruzione Isa ha deciso di ripartire, affidando a Gaetano Salerno, critico e curatore d’arte indipendente da anni attivo nella promozione culturale di artisti di area veneziana di terraferma, il compito di ritracciare le linee guida della realtà artistica cittadina odierna e di leggerne gli sviluppi attraverso una nuova serie di esposizioni personali allo scopo di monitorare, conoscere e approfondire la situazione attuale dell’arte di una città ricca di stimoli e di contenuti, riunendo vecchi e nuovi amici, secondo lo spirito di amicizia, scambio e socialità che ha animato i vecchi cenacoli (al motto di “veterani si nasce”).
Coadiuvato da storici e imprescindibili veterani, il maestro Luigi Voltolina, il poeta Massimo Scrignòli e lo stampatore d’arte Claudio Barbato, il critico Gaetano Salerno ha iniziato così a lavorare al nuovo ciclo di eventi, rivolto a selezionati artisti locali che di quel periodo felice e produttivo hanno raccolto l’eredità, contribuendo con il proprio lavoro e la propria ricerca a ribadire l’importanza della realtà mestrina nel panorama artistico contemporaneo e che verranno esposti in piccole ma significative personali.
Secondo appuntamento dunque con Roberto Cannata e una selezione ragionata di MIRRORS, ultimo ciclo di lavori dell’artista, molti dei quali inediti e realizzati per l’occasione; verrà infatti presentata al pubblico la più recente ricerca dell’artista, da sempre raffinato interprete di una pittura di forma e ispirazione accademica legata alle suggestioni e agli accordi cromatici dell’olio su tela, qui presente invece con lavori di piccole dimensioni, realizzati su carta e legno, con tecnica mista (fotografia, collage, pastelli, oli, gessi, matite, resina); un percorso inatteso che della produzione più conosciuta potrebbe apparire antitesi ma che invece costituisce, secondo il critico Gaetano Salerno che da tempo segue il lavoro dell’artista, un’evoluzione nonché un necessario compendio a una pittura ponderata e rigorosa che ora si libera delle impostazioni eleganti, concedendosi fratture, rotture, interruzioni narrative per esplorare nuovi stati dell’Io, senza tuttavia rinunciare al dato psicologico, all’intrusione nella psiche umana che ne caratterizza l’intera opera, mai limitata alla piacevolezza estetica dei virtuosismi segnici.
Scrive infatti Gaetano Salerno a proposito di questo ciclo di lavori: “Un passaggio significativo segnato dal ciclo Mirrors nell’opera dell’artista Roberto Cannata; svincolare il proprio gesto pittorico da una forma espressiva rigorosa e accademica in favore d’inattese suggestioni compositive rette da nuove grammatiche e nuovi linguaggi equivale a introdurre – e accettare – un principio di casualità e d’imponderabilità fino ad oggi assente. Una nuova prosodia rompe le lineari ortodossie di costruzioni cromatiche per aprirsi invece a visioni affidate alla fotografia e al collage. Le immagini si costruiscono sulla tela per sovrapposizione e giustapposizione, moltiplicandosi esponenzialmente per ricomporre i ritagli selezionati dall’artista sotto nuova forma. Ciascuna tavola evoca, dettagliando e descrivendo soggetti allegorici, le anomalie di universi psichici ancora più inquietanti (tra surrealtà e metafisica) di quelli nei quali l’artista ci aveva lasciato precipitare. Le frammentazioni e le decostruzioni di un ordine logico evidenziano con più efficacia le incertezze dell’animo umano. L’intervento pittorico, talvolta minimale, ricompone le fratture tra gli elementi, ricercando un logos ormai perduto. Le resine epossidiche congelano ogni visione a una fissa eternità, costrette all’immutabilità claustrofobica di copioni esistenziali tragici. La lucentezza della resina inverte e ridiscute il concetto di verità dell’arte e falsità della vita, riflettendo e includendo la nostra immagine virtuale nella perenne compresenza con storie tragiche contemporanee delle quali non possiamo essere soltanto passivi osservatori”.
Roberto Cannata nasce a Venezia Mestre nel 1961. Diplomato in pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia ha poi approfondito le tecniche d’incisione presso la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia. Ha partecipato a vari concorsi ed esposto in mostre personali e collettive con opere pittoriche, scultoree e installazioni, collaborando inoltre con artisti internazionali presso importanti sedi museali e Biennale di Venezia.
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Biglietto: ingresso libero


Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35590.htm







Axial Ages
dal 29/11/2015 al 13/11/2015

Si inaugura sabato 28 novembre 2015, alle ore 19.00, presso gli spazi espositivi di Villa Orsini di Scorzè, Axial Ages, collettiva degli artisti Tiziano Bellomi, Christian Gobbo, Enrico Minato e Paolo Pavan, a cura del critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 13 dicembre 2015, è realizzata da Segnoperenne in collaborazione con il Comune di Scorzè e con il Circolo Culturale Scorzè; l’appuntamento espositivo costituisce il terzo capitolo di un progetto culturale declinato in sei distinti episodi (Società Alternate - Verso nuove società dell’arte, ideato e curato da Gaetano Salerno), ispirato alla filosofia della decrescita e incentrato sulla ricerca e analisi dei fenomeni artistici e sociologici della contemporaneità. Nella costruzione di un processo di decrescita anche l’arte rinuncia a linguaggi aulici, a forme iperboliche ma vacue, per riorganizzarsi in strutture più concrete di comunicazione, verso produzioni calate all’interno di un percorso formativo vicino alle contraddizioni e alle peculiarità di una realtà odierna complessa e sfaccettata, apparentemente incomprensibile, necessarie per evidenziarne le incongruenze, i limiti e – se possibile – fornire spunti concreti di cambiamento.
Dopo le collettive e.t.w.a.s. (aprile 2015, ricerca sull’arte del riciclo) e Lumìna Sòlis (maggio 2015, ricerca sull’arte della luce), il terzo dei sei appuntamenti previsti sviluppa un percorso di analisi incentrato sull’arte dell’assenza, intendendo con questa definizione forme espressive ermetiche la cui valenza comunicativa è celata dall’oggetto artistico stesso, privato delle connotazioni di autoreferenzialità e di ieratico iconismo entro i quali sovente l’arte contemporanea si trincera, sublimandosi nell’estetismo, nell’istantaneità del compiacimento visivo, assolvendo erroneamente la propria funzione.
Axial Ages presenta al pubblico un’eterogenea e ragionata selezione critica dei lavori di quattro artisti (lontani tra loro per linguaggi e ricerche) attraverso i quali istruire scambi biunivoci e sintonie nel tentativo di individuare pretesti d’indagine verso nuove significazioni del gesto creativo, oltre l’immediata e superficiale sua decodifica: i libri-oggetto (blocchi di sapere inerti, libri depotenziati della funzione d’uso primaria, contenitori di culture inevitabilmente elitarie alle quali l’artista, incollando le pagine, nega il libero accesso, costringendo il lettore a intuire percorsi autonomi, alternativi e sperimentativi, verso la conoscenza e l’apprendimento) e l’azione performativo - didattica di Enrico Minato, ragionamento sul valore delle parole, ricomposte attraverso azioni guidate alla decrittazione del messaggio e alla sua compiutezza; le sculture al neon di Christian Gobbo, attraverso le quali la parola - diffusa e trascesa in metafisici bagliori che smaterializzano l’oggetto nel concetto - diventa pretesto riflessivo per percepire presunte forme d’illuminazione simili a scoperte iniziatiche; l’apparizione epifanica e inattesa – apparentemente effimera - di elementi archetipici negli oli su tela di Paolo Pavan le cui composizioni cromatiche, in perenne disfacimento e trasformazione, ridiscutono la certezza dell’oggetto ritratto, negata dalla metamorfosi stessa in atto e dalla netta e inevitabile simbiosi tra la forma compiuta e la sua speculare incompiutezza, visualizzazione pittorica del dubbio intellettivo; le sculture di cemento, minimali e materiche - anch’esse eternizzazione di un archetipo - di Tiziano Bellomi, i cui oggetti artistici (selezionati tra le opere prodotte da altri artisti), cementificati e imprigionati dentro l’oggetto-manufatto, rifuggono un’immediata quanto parziale fruizione visiva e ridiscutono - intraprendendo molteplici digressioni concettuali tra apparenza ed essenza - i principi di verità e di autorevolezza di forme d’arte onnipresenti e onniscienti.
Pittura, scultura, installazioni, video, neon e azioni performative invaderanno lo spazio espositivo senza soluzione di continuità, evitando logiche curatoriali consuete, per sviluppare invece un complesso percorso enunciativo ed escatologico, privo di evidenti e aprioristiche direttive, nel tentativo di condurre lo spettatore a rivelazioni posteriori, sospendendone il giudizio e la comprensione in un limbo d’indefinitezza e di dubbi condivisi, necessari per la riscoperta di verità non più individuali, inferite dai propri saperi pregressi ma riconducibili a esperienze esistenziali collettive di una società in formazione.
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Biglietto: ingresso libero
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35563.htm









Come eravamo, in bianco e nero
dal 20/11/2015 al 31/01/2016

Mostra, a cura di Elisabetta Da Lio e Vittorio Pavan, con le immagini dell'agenzia fotogiornalistica Cameraphoto Archivio Cameraphoto Epoche Venezia
Sette lustri di vita veneziana, dal dopoguerra ai primi anni Ottanta, si raccontano nella “verità” della fotografia, in una vasta panoramica, che pur è soltanto una minima parte dello sconfinato archivio di Cameraphoto: allora concorrente nel fotogiornalismo con l’agenzia Afi del Gazzettino e con i fotografi dell’Ansa, oggi miniera forse unica per la memoria e la ricerca.
Preziosa per rinverdire il ricordo di chi c’era (e molto ha dimenticato) e per far conoscere a chi non c’era un “come eravamo” che fonda ancora il nostro oggi, l’antologia proposta al Candiani, spazia con tocco leggero e profondo insieme dalle miserabili condizioni dei pianiterra abitati ai fasti del “ballo del secolo” di Carlos de Beistegui a palazzo Labia, dal delitto di Ca’ Dario all’incendio della petroliera Luisa nel canale della Giudecca, dagli scioperi a Porto Marghera alla realizzazione dell’aeroporto di Tessera, dai lavori sul cavalcaferrovia all’arrivo dei profughi vietnamiti, dal recupero del sommergibile Medusa all’ambulanza in barca a remi, dal nascente Villaggio San Marco alle classi elementari rigorosamente monosex, in un caleidoscopico transitare dalla cronaca nera a quella rosa, dai grandi personaggi alla gente comune, dalla città d’acqua a quella di terraferma, dagli anni postbellici a quelli del boom, cui gli scarni accenni delle righe precedenti vogliono essere soltanto un modesto trailer, tanto per restare in tema di immagini...
Altri e altrove diranno dei fotografi che hanno operato nella lunga e complessa storia di quella che Dino Jarach fondò come Interfoto all’indomani della guerra, divenuta poi Cameraphoto e infine traghettata da Celio Scapin verso la riproduzione artistica, ma sempre attenta al fotogiornalismo. Nell’archivio curato da Vittorio Pavan, trecentomila negativi della gloriosa Rolleiflex attendono di raccontare di nuovo la storia di una città, della quale oggi offrono una affascinante carrellata.
(Leopoldo Pietragnoli)
dettagli
Biglietto: ingresso libero

Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35472.htm








Confluence Island
dal 19/11/2015 al 19/12/2015
              
Mostra 'Confluence Island' di Janet Bellotto, curata da KJ Baysa è aperta dal 20 novembre al 19 dicembre 2015.
Confluence Island è un luogo nato dall’unione di due isole che sono confluite assieme fino a formare uno spazio altro, allo stesso tempo unico e duplice. E’ una fusione, reale e immaginaria, di terre e acque vicine geograficamente ma lontane nella loro essenza. La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan Jeff-Baysa
dettagli
Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35467.htm








Mostra personale di Leonardo D'Este
dal 19/11/2015 al 03/12/2015
Arte contemporanea (o moderna)? No grazie! E’ meglio fare un viaggio a ritroso e andare a ritrovare in un lontano passato altri punti di riferimento in maestri che si chiamano Velasquez, Tiziano o magari Sargent, nella loro versione di ritrattisti. E’ questo il percorso intrapreso dal veneziano Leonardo D’Este che, dopo la laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e varie esperienze nell’ambito del paesaggio e della figura, da quattro anni ha messo al centro della sua ricerca il volto umano, facendone quasi una missione, all’insegna della verità e della sincerità. Per rafforzare la sua formazione classica si reca in Grecia presso la scuola del maestro Konstantin Kerestetzis e poi a Firenze per frequentare i corsi di pittura della Florence Academy of Art e del Charles H.Cecil Studios. Esperienze che gli permettono di perfezionare sempre più la sua tecnica ritrattistica sia per quanto riguarda i dettagli che gli effetti di luce. Il metodo utilizzato è quello del sight size, con il modello posto a una certa di distanza dal cavalletto. Leonardo D’Este vive e opera nell’isola di Burano.
Rassegna a cura di Emanuele Horodniceanu
dettagli
Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35487.htm








04 DICEMBRE 2015



Evolution Visio
dal 15/11/2015 al 13/12/2015
   
Mostra dal 15 novembre al 13 dicembre 'Evolution Visio. Fotografie di Giovanni Cecchinato'. A cura di Riccardo Caldura
'Il nostro essere attori partecipi, all’interno della città, è costantemente pizzicato da una serie continua di immagini che trasferiscono al nostro cervello stimoli, sensazioni e percezioni diverse che manifestano il benessere o il malessere di una situazione urbana generalmente difficilmente decriptabile. Esiste un processo mentale gerarchico che definisce la memoria dei luoghi. Quasi mai la scala dimensionale è quella che ne determina la scala gerarchica. Spesso ciò che resta impresso nella mente di una piazza o di uno spazio libero è la posizione dell’edicola, di un chiosco, di uno stendardo e non quella degli edifici che fanno da contorno o occupano la stessa piazza. L’equilibrio compositivo e la riconoscibilità degli spazi vuoti, la loro pulizia formale sono condizione fondamentale per la percezione di una “bella” città equilibrata e ordinata. Questa mostra fotografica, e il suo elevato livello analitico nella lettura del contesto urbano, sono occasione per discutere su come questo processo critico possa essere elemento fondamentale per dare un senso al vivere bene (in strada, nella città). Un modo per riflettere su come questo tessuto arterioso indifferenziato degli spazi vuoti (le strade, i marciapiedi, i giardini, i canali e le loro rive ecc.), elementi comuni alla città, debba e possa essere la cornice di una città “visibilmente” bella. È quindi meglio (anzi è indispensabile) un vaso di fiori o un addobbo che segua le stagioni, un angolo del marciapiede pulito e privo di cartacce, per ricordare e vivere positivamente un luogo architettonicamente bello. In questo senso, la Città deve dare indicazioni prescrittive chiare perché questo avvenga affinché “le regole” siano non solo quantitative ma producano anche una visibile percezione della loro bontà e opportunità per una migliore qualità della vita. A tal riguardo nella Città Giardino di Marghera il progetto e la sua effettiva realizzazione originale hanno portato, in parte nel tempo, alla riduzione della sua caratterizzazione qualitativa funzionale a favore di una deformazione quantitativa funzionale. Del tutto differente invece la sorte della Terraferma Mestrina la cui pianificazione e le cui norme hanno avuto una impostazione esclusivamente quantitativa. La differenza tra le parti del territorio è visibile e va recuperata nella sua qualità funzionale enfatizzando e ponendo sotto gli occhi di tutti gli elementi di riconoscibilità dell’architettura e dell’urbanistica.'
(ario Toffanello, Fabio Bevilacqua e Pietro Lotto)
La mostra sarà poi esposta dal 15 al 30 gennaio 2016 all' Università di Architettura, Venezia e dal 6 febbraio al 6 marzo 2016 alla Galleria d'Arte Biffi, Piacenza.
dettagli
Biglietto: ingresso libero
approfondimenti

Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35464.htm






Dentro l'arte #2
dal 29/11/2015 al 31/01/2016
Secondo appuntamento con la rassegna artistica Dentro l'arte presso gli spazi della storica osteria ed enoteca Ai Veterani di Venezia Mestre, domenica 29 novembre 2015, alle ore 11.30, con la presentazione dell’artista Roberto Cannata, a cura del critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 31 gennaio 2016 secondo gli orari di apertura del locale, è realizzata in collaborazione con Segnoperenne.
Il ciclo Dentro l’arte, avviato nel mese di marzo 2015 con la personale (da poco conclusa) della pittrice e poetessa padovana Nina Nasilli, riprende gli storici appuntamenti con artisti, critici, giornalisti e appassionati d’arte che per anni si sono susseguiti nelle sale del locale per volere di Massimo e Isa Cossio e che hanno contribuito, nel recente passato, a tracciare la storia culturale di Mestre, ospitando ed esponendo i principali protagonisti della vita culturale cittadina e divenendo luogo privilegiato per la discussione e il dibattito artistico, consolidando, nel tempo, un pubblico sempre più attento e appassionato.
Dopo una breve quanto necessaria interruzione Isa ha deciso di ripartire, affidando a Gaetano Salerno, critico e curatore d’arte indipendente da anni attivo nella promozione culturale di artisti di area veneziana di terraferma, il compito di ritracciare le linee guida della realtà artistica cittadina odierna e di leggerne gli sviluppi attraverso una nuova serie di esposizioni personali allo scopo di monitorare, conoscere e approfondire la situazione attuale dell’arte di una città ricca di stimoli e di contenuti, riunendo vecchi e nuovi amici, secondo lo spirito di amicizia, scambio e socialità che ha animato i vecchi cenacoli (al motto di “veterani si nasce”).
Coadiuvato da storici e imprescindibili veterani, il maestro Luigi Voltolina, il poeta Massimo Scrignòli e lo stampatore d’arte Claudio Barbato, il critico Gaetano Salerno ha iniziato così a lavorare al nuovo ciclo di eventi, rivolto a selezionati artisti locali che di quel periodo felice e produttivo hanno raccolto l’eredità, contribuendo con il proprio lavoro e la propria ricerca a ribadire l’importanza della realtà mestrina nel panorama artistico contemporaneo e che verranno esposti in piccole ma significative personali.
Secondo appuntamento dunque con Roberto Cannata e una selezione ragionata di MIRRORS, ultimo ciclo di lavori dell’artista, molti dei quali inediti e realizzati per l’occasione; verrà infatti presentata al pubblico la più recente ricerca dell’artista, da sempre raffinato interprete di una pittura di forma e ispirazione accademica legata alle suggestioni e agli accordi cromatici dell’olio su tela, qui presente invece con lavori di piccole dimensioni, realizzati su carta e legno, con tecnica mista (fotografia, collage, pastelli, oli, gessi, matite, resina); un percorso inatteso che della produzione più conosciuta potrebbe apparire antitesi ma che invece costituisce, secondo il critico Gaetano Salerno che da tempo segue il lavoro dell’artista, un’evoluzione nonché un necessario compendio a una pittura ponderata e rigorosa che ora si libera delle impostazioni eleganti, concedendosi fratture, rotture, interruzioni narrative per esplorare nuovi stati dell’Io, senza tuttavia rinunciare al dato psicologico, all’intrusione nella psiche umana che ne caratterizza l’intera opera, mai limitata alla piacevolezza estetica dei virtuosismi segnici.
Scrive infatti Gaetano Salerno a proposito di questo ciclo di lavori: “Un passaggio significativo segnato dal ciclo Mirrors nell’opera dell’artista Roberto Cannata; svincolare il proprio gesto pittorico da una forma espressiva rigorosa e accademica in favore d’inattese suggestioni compositive rette da nuove grammatiche e nuovi linguaggi equivale a introdurre – e accettare – un principio di casualità e d’imponderabilità fino ad oggi assente. Una nuova prosodia rompe le lineari ortodossie di costruzioni cromatiche per aprirsi invece a visioni affidate alla fotografia e al collage. Le immagini si costruiscono sulla tela per sovrapposizione e giustapposizione, moltiplicandosi esponenzialmente per ricomporre i ritagli selezionati dall’artista sotto nuova forma. Ciascuna tavola evoca, dettagliando e descrivendo soggetti allegorici, le anomalie di universi psichici ancora più inquietanti (tra surrealtà e metafisica) di quelli nei quali l’artista ci aveva lasciato precipitare. Le frammentazioni e le decostruzioni di un ordine logico evidenziano con più efficacia le incertezze dell’animo umano. L’intervento pittorico, talvolta minimale, ricompone le fratture tra gli elementi, ricercando un logos ormai perduto. Le resine epossidiche congelano ogni visione a una fissa eternità, costrette all’immutabilità claustrofobica di copioni esistenziali tragici. La lucentezza della resina inverte e ridiscute il concetto di verità dell’arte e falsità della vita, riflettendo e includendo la nostra immagine virtuale nella perenne compresenza con storie tragiche contemporanee delle quali non possiamo essere soltanto passivi osservatori”.
Roberto Cannata nasce a Venezia Mestre nel 1961. Diplomato in pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia ha poi approfondito le tecniche d’incisione presso la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia. Ha partecipato a vari concorsi ed esposto in mostre personali e collettive con opere pittoriche, scultoree e installazioni, collaborando inoltre con artisti internazionali presso importanti sedi museali e Biennale di Venezia.
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Biglietto: ingresso libero


Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35590.htm







Axial Ages
dal 29/11/2015 al 13/11/2015

Si inaugura sabato 28 novembre 2015, alle ore 19.00, presso gli spazi espositivi di Villa Orsini di Scorzè, Axial Ages, collettiva degli artisti Tiziano Bellomi, Christian Gobbo, Enrico Minato e Paolo Pavan, a cura del critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 13 dicembre 2015, è realizzata da Segnoperenne in collaborazione con il Comune di Scorzè e con il Circolo Culturale Scorzè; l’appuntamento espositivo costituisce il terzo capitolo di un progetto culturale declinato in sei distinti episodi (Società Alternate - Verso nuove società dell’arte, ideato e curato da Gaetano Salerno), ispirato alla filosofia della decrescita e incentrato sulla ricerca e analisi dei fenomeni artistici e sociologici della contemporaneità. Nella costruzione di un processo di decrescita anche l’arte rinuncia a linguaggi aulici, a forme iperboliche ma vacue, per riorganizzarsi in strutture più concrete di comunicazione, verso produzioni calate all’interno di un percorso formativo vicino alle contraddizioni e alle peculiarità di una realtà odierna complessa e sfaccettata, apparentemente incomprensibile, necessarie per evidenziarne le incongruenze, i limiti e – se possibile – fornire spunti concreti di cambiamento.
Dopo le collettive e.t.w.a.s. (aprile 2015, ricerca sull’arte del riciclo) e Lumìna Sòlis (maggio 2015, ricerca sull’arte della luce), il terzo dei sei appuntamenti previsti sviluppa un percorso di analisi incentrato sull’arte dell’assenza, intendendo con questa definizione forme espressive ermetiche la cui valenza comunicativa è celata dall’oggetto artistico stesso, privato delle connotazioni di autoreferenzialità e di ieratico iconismo entro i quali sovente l’arte contemporanea si trincera, sublimandosi nell’estetismo, nell’istantaneità del compiacimento visivo, assolvendo erroneamente la propria funzione.
Axial Ages presenta al pubblico un’eterogenea e ragionata selezione critica dei lavori di quattro artisti (lontani tra loro per linguaggi e ricerche) attraverso i quali istruire scambi biunivoci e sintonie nel tentativo di individuare pretesti d’indagine verso nuove significazioni del gesto creativo, oltre l’immediata e superficiale sua decodifica: i libri-oggetto (blocchi di sapere inerti, libri depotenziati della funzione d’uso primaria, contenitori di culture inevitabilmente elitarie alle quali l’artista, incollando le pagine, nega il libero accesso, costringendo il lettore a intuire percorsi autonomi, alternativi e sperimentativi, verso la conoscenza e l’apprendimento) e l’azione performativo - didattica di Enrico Minato, ragionamento sul valore delle parole, ricomposte attraverso azioni guidate alla decrittazione del messaggio e alla sua compiutezza; le sculture al neon di Christian Gobbo, attraverso le quali la parola - diffusa e trascesa in metafisici bagliori che smaterializzano l’oggetto nel concetto - diventa pretesto riflessivo per percepire presunte forme d’illuminazione simili a scoperte iniziatiche; l’apparizione epifanica e inattesa – apparentemente effimera - di elementi archetipici negli oli su tela di Paolo Pavan le cui composizioni cromatiche, in perenne disfacimento e trasformazione, ridiscutono la certezza dell’oggetto ritratto, negata dalla metamorfosi stessa in atto e dalla netta e inevitabile simbiosi tra la forma compiuta e la sua speculare incompiutezza, visualizzazione pittorica del dubbio intellettivo; le sculture di cemento, minimali e materiche - anch’esse eternizzazione di un archetipo - di Tiziano Bellomi, i cui oggetti artistici (selezionati tra le opere prodotte da altri artisti), cementificati e imprigionati dentro l’oggetto-manufatto, rifuggono un’immediata quanto parziale fruizione visiva e ridiscutono - intraprendendo molteplici digressioni concettuali tra apparenza ed essenza - i principi di verità e di autorevolezza di forme d’arte onnipresenti e onniscienti.
Pittura, scultura, installazioni, video, neon e azioni performative invaderanno lo spazio espositivo senza soluzione di continuità, evitando logiche curatoriali consuete, per sviluppare invece un complesso percorso enunciativo ed escatologico, privo di evidenti e aprioristiche direttive, nel tentativo di condurre lo spettatore a rivelazioni posteriori, sospendendone il giudizio e la comprensione in un limbo d’indefinitezza e di dubbi condivisi, necessari per la riscoperta di verità non più individuali, inferite dai propri saperi pregressi ma riconducibili a esperienze esistenziali collettive di una società in formazione.
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Biglietto: ingresso libero
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35563.htm








GRIGio 2
dal 24/11/2015 al 11/01/2016

Martedì 24 novembre 2015 alle ore 17.30 presso la Biblioteca e Centro Culturale Hugo Pratt del Lido di Venezia viene inaugurata la Mostra personale di pittura di Silvia Stocchetto 'GRIGio 2'.
L'artista veneziana presenta nell'occasione oltre venti tele realizzate a olio e in tecnica mista, nonché una selezione di incisioni che illustrano la sua più recente produzione.
La presentazione è a cura dello scrittore Antonio Scutari.
La Mostra è visitabile presso la sala espositiva della Biblioteca Hugo Pratt dal 24 novembre 2015 all'11 gennaio 2016 nei seguenti orari: lun-mer-ven 9.00-14.00 e mar-gio 9.00-18.00
“Sono probabilmente illimitate le possibilità di declinazione della natura morta. A partire da certe piccole decorazioni murali in ville romane d'epoca imperiale, forse i primi esempi nella nostra storia della pittura, il 'genere' si riattiva continuamente, confermandosi inconsumabile.
Il particolare realismo dei quadri di Silvia Stocchetto è certamente da iscrivere in quella così vasta e sfumata tendenza internazionale chiamata realismo Magico. Sebbene minuzioso e preciso, il suo realismo non ha né l'esibizionismo virtuosistico, né l'oggettualismo ottuso dell'Iperrealismo.
La disposizione, il montaggio e soprattutto il tonalismo metallico, plumbeo, in cui i suoi oggetti sono immersi, danno una sensazione strana di divertimento e insieme di austerità, di affetto e di freddezza, di assurdità e di naturalezza.
Questa serie così omogenea di nature morte inscena, dunque, qualcosa di contraddittorio: come una teatralità ermetica, si, ma tuttavia coinvolgente; una ironica, muta “drammaturgia” domestica”. (Carlo Maschietto)
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Biglietto: ingresso libero
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35502.htm








Come eravamo, in bianco e nero
dal 20/11/2015 al 31/01/2016

Mostra, a cura di Elisabetta Da Lio e Vittorio Pavan, con le immagini dell'agenzia fotogiornalistica Cameraphoto Archivio Cameraphoto Epoche Venezia
Sette lustri di vita veneziana, dal dopoguerra ai primi anni Ottanta, si raccontano nella “verità” della fotografia, in una vasta panoramica, che pur è soltanto una minima parte dello sconfinato archivio di Cameraphoto: allora concorrente nel fotogiornalismo con l’agenzia Afi del Gazzettino e con i fotografi dell’Ansa, oggi miniera forse unica per la memoria e la ricerca.
Preziosa per rinverdire il ricordo di chi c’era (e molto ha dimenticato) e per far conoscere a chi non c’era un “come eravamo” che fonda ancora il nostro oggi, l’antologia proposta al Candiani, spazia con tocco leggero e profondo insieme dalle miserabili condizioni dei pianiterra abitati ai fasti del “ballo del secolo” di Carlos de Beistegui a palazzo Labia, dal delitto di Ca’ Dario all’incendio della petroliera Luisa nel canale della Giudecca, dagli scioperi a Porto Marghera alla realizzazione dell’aeroporto di Tessera, dai lavori sul cavalcaferrovia all’arrivo dei profughi vietnamiti, dal recupero del sommergibile Medusa all’ambulanza in barca a remi, dal nascente Villaggio San Marco alle classi elementari rigorosamente monosex, in un caleidoscopico transitare dalla cronaca nera a quella rosa, dai grandi personaggi alla gente comune, dalla città d’acqua a quella di terraferma, dagli anni postbellici a quelli del boom, cui gli scarni accenni delle righe precedenti vogliono essere soltanto un modesto trailer, tanto per restare in tema di immagini...
Altri e altrove diranno dei fotografi che hanno operato nella lunga e complessa storia di quella che Dino Jarach fondò come Interfoto all’indomani della guerra, divenuta poi Cameraphoto e infine traghettata da Celio Scapin verso la riproduzione artistica, ma sempre attenta al fotogiornalismo. Nell’archivio curato da Vittorio Pavan, trecentomila negativi della gloriosa Rolleiflex attendono di raccontare di nuovo la storia di una città, della quale oggi offrono una affascinante carrellata.
(Leopoldo Pietragnoli)
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Biglietto: ingresso libero

Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35472.htm








Confluence Island
dal 19/11/2015 al 19/12/2015
              
Mostra 'Confluence Island' di Janet Bellotto, curata da KJ Baysa è aperta dal 20 novembre al 19 dicembre 2015.
Confluence Island è un luogo nato dall’unione di due isole che sono confluite assieme fino a formare uno spazio altro, allo stesso tempo unico e duplice. E’ una fusione, reale e immaginaria, di terre e acque vicine geograficamente ma lontane nella loro essenza. La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan Jeff-Baysa
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35467.htm










05 DICEMBRE 2015



Dentro l'arte #2
dal 29/11/2015 al 31/01/2016
Secondo appuntamento con la rassegna artistica Dentro l'arte presso gli spazi della storica osteria ed enoteca Ai Veterani di Venezia Mestre, domenica 29 novembre 2015, alle ore 11.30, con la presentazione dell’artista Roberto Cannata, a cura del critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 31 gennaio 2016 secondo gli orari di apertura del locale, è realizzata in collaborazione con Segnoperenne.
Il ciclo Dentro l’arte, avviato nel mese di marzo 2015 con la personale (da poco conclusa) della pittrice e poetessa padovana Nina Nasilli, riprende gli storici appuntamenti con artisti, critici, giornalisti e appassionati d’arte che per anni si sono susseguiti nelle sale del locale per volere di Massimo e Isa Cossio e che hanno contribuito, nel recente passato, a tracciare la storia culturale di Mestre, ospitando ed esponendo i principali protagonisti della vita culturale cittadina e divenendo luogo privilegiato per la discussione e il dibattito artistico, consolidando, nel tempo, un pubblico sempre più attento e appassionato.
Dopo una breve quanto necessaria interruzione Isa ha deciso di ripartire, affidando a Gaetano Salerno, critico e curatore d’arte indipendente da anni attivo nella promozione culturale di artisti di area veneziana di terraferma, il compito di ritracciare le linee guida della realtà artistica cittadina odierna e di leggerne gli sviluppi attraverso una nuova serie di esposizioni personali allo scopo di monitorare, conoscere e approfondire la situazione attuale dell’arte di una città ricca di stimoli e di contenuti, riunendo vecchi e nuovi amici, secondo lo spirito di amicizia, scambio e socialità che ha animato i vecchi cenacoli (al motto di “veterani si nasce”).
Coadiuvato da storici e imprescindibili veterani, il maestro Luigi Voltolina, il poeta Massimo Scrignòli e lo stampatore d’arte Claudio Barbato, il critico Gaetano Salerno ha iniziato così a lavorare al nuovo ciclo di eventi, rivolto a selezionati artisti locali che di quel periodo felice e produttivo hanno raccolto l’eredità, contribuendo con il proprio lavoro e la propria ricerca a ribadire l’importanza della realtà mestrina nel panorama artistico contemporaneo e che verranno esposti in piccole ma significative personali.
Secondo appuntamento dunque con Roberto Cannata e una selezione ragionata di MIRRORS, ultimo ciclo di lavori dell’artista, molti dei quali inediti e realizzati per l’occasione; verrà infatti presentata al pubblico la più recente ricerca dell’artista, da sempre raffinato interprete di una pittura di forma e ispirazione accademica legata alle suggestioni e agli accordi cromatici dell’olio su tela, qui presente invece con lavori di piccole dimensioni, realizzati su carta e legno, con tecnica mista (fotografia, collage, pastelli, oli, gessi, matite, resina); un percorso inatteso che della produzione più conosciuta potrebbe apparire antitesi ma che invece costituisce, secondo il critico Gaetano Salerno che da tempo segue il lavoro dell’artista, un’evoluzione nonché un necessario compendio a una pittura ponderata e rigorosa che ora si libera delle impostazioni eleganti, concedendosi fratture, rotture, interruzioni narrative per esplorare nuovi stati dell’Io, senza tuttavia rinunciare al dato psicologico, all’intrusione nella psiche umana che ne caratterizza l’intera opera, mai limitata alla piacevolezza estetica dei virtuosismi segnici.
Scrive infatti Gaetano Salerno a proposito di questo ciclo di lavori: “Un passaggio significativo segnato dal ciclo Mirrors nell’opera dell’artista Roberto Cannata; svincolare il proprio gesto pittorico da una forma espressiva rigorosa e accademica in favore d’inattese suggestioni compositive rette da nuove grammatiche e nuovi linguaggi equivale a introdurre – e accettare – un principio di casualità e d’imponderabilità fino ad oggi assente. Una nuova prosodia rompe le lineari ortodossie di costruzioni cromatiche per aprirsi invece a visioni affidate alla fotografia e al collage. Le immagini si costruiscono sulla tela per sovrapposizione e giustapposizione, moltiplicandosi esponenzialmente per ricomporre i ritagli selezionati dall’artista sotto nuova forma. Ciascuna tavola evoca, dettagliando e descrivendo soggetti allegorici, le anomalie di universi psichici ancora più inquietanti (tra surrealtà e metafisica) di quelli nei quali l’artista ci aveva lasciato precipitare. Le frammentazioni e le decostruzioni di un ordine logico evidenziano con più efficacia le incertezze dell’animo umano. L’intervento pittorico, talvolta minimale, ricompone le fratture tra gli elementi, ricercando un logos ormai perduto. Le resine epossidiche congelano ogni visione a una fissa eternità, costrette all’immutabilità claustrofobica di copioni esistenziali tragici. La lucentezza della resina inverte e ridiscute il concetto di verità dell’arte e falsità della vita, riflettendo e includendo la nostra immagine virtuale nella perenne compresenza con storie tragiche contemporanee delle quali non possiamo essere soltanto passivi osservatori”.
Roberto Cannata nasce a Venezia Mestre nel 1961. Diplomato in pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia ha poi approfondito le tecniche d’incisione presso la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia. Ha partecipato a vari concorsi ed esposto in mostre personali e collettive con opere pittoriche, scultoree e installazioni, collaborando inoltre con artisti internazionali presso importanti sedi museali e Biennale di Venezia.
dettagli
Biglietto: ingresso libero


Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35590.htm







Axial Ages
dal 29/11/2015 al 13/11/2015

Si inaugura sabato 28 novembre 2015, alle ore 19.00, presso gli spazi espositivi di Villa Orsini di Scorzè, Axial Ages, collettiva degli artisti Tiziano Bellomi, Christian Gobbo, Enrico Minato e Paolo Pavan, a cura del critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 13 dicembre 2015, è realizzata da Segnoperenne in collaborazione con il Comune di Scorzè e con il Circolo Culturale Scorzè; l’appuntamento espositivo costituisce il terzo capitolo di un progetto culturale declinato in sei distinti episodi (Società Alternate - Verso nuove società dell’arte, ideato e curato da Gaetano Salerno), ispirato alla filosofia della decrescita e incentrato sulla ricerca e analisi dei fenomeni artistici e sociologici della contemporaneità. Nella costruzione di un processo di decrescita anche l’arte rinuncia a linguaggi aulici, a forme iperboliche ma vacue, per riorganizzarsi in strutture più concrete di comunicazione, verso produzioni calate all’interno di un percorso formativo vicino alle contraddizioni e alle peculiarità di una realtà odierna complessa e sfaccettata, apparentemente incomprensibile, necessarie per evidenziarne le incongruenze, i limiti e – se possibile – fornire spunti concreti di cambiamento.
Dopo le collettive e.t.w.a.s. (aprile 2015, ricerca sull’arte del riciclo) e Lumìna Sòlis (maggio 2015, ricerca sull’arte della luce), il terzo dei sei appuntamenti previsti sviluppa un percorso di analisi incentrato sull’arte dell’assenza, intendendo con questa definizione forme espressive ermetiche la cui valenza comunicativa è celata dall’oggetto artistico stesso, privato delle connotazioni di autoreferenzialità e di ieratico iconismo entro i quali sovente l’arte contemporanea si trincera, sublimandosi nell’estetismo, nell’istantaneità del compiacimento visivo, assolvendo erroneamente la propria funzione.
Axial Ages presenta al pubblico un’eterogenea e ragionata selezione critica dei lavori di quattro artisti (lontani tra loro per linguaggi e ricerche) attraverso i quali istruire scambi biunivoci e sintonie nel tentativo di individuare pretesti d’indagine verso nuove significazioni del gesto creativo, oltre l’immediata e superficiale sua decodifica: i libri-oggetto (blocchi di sapere inerti, libri depotenziati della funzione d’uso primaria, contenitori di culture inevitabilmente elitarie alle quali l’artista, incollando le pagine, nega il libero accesso, costringendo il lettore a intuire percorsi autonomi, alternativi e sperimentativi, verso la conoscenza e l’apprendimento) e l’azione performativo - didattica di Enrico Minato, ragionamento sul valore delle parole, ricomposte attraverso azioni guidate alla decrittazione del messaggio e alla sua compiutezza; le sculture al neon di Christian Gobbo, attraverso le quali la parola - diffusa e trascesa in metafisici bagliori che smaterializzano l’oggetto nel concetto - diventa pretesto riflessivo per percepire presunte forme d’illuminazione simili a scoperte iniziatiche; l’apparizione epifanica e inattesa – apparentemente effimera - di elementi archetipici negli oli su tela di Paolo Pavan le cui composizioni cromatiche, in perenne disfacimento e trasformazione, ridiscutono la certezza dell’oggetto ritratto, negata dalla metamorfosi stessa in atto e dalla netta e inevitabile simbiosi tra la forma compiuta e la sua speculare incompiutezza, visualizzazione pittorica del dubbio intellettivo; le sculture di cemento, minimali e materiche - anch’esse eternizzazione di un archetipo - di Tiziano Bellomi, i cui oggetti artistici (selezionati tra le opere prodotte da altri artisti), cementificati e imprigionati dentro l’oggetto-manufatto, rifuggono un’immediata quanto parziale fruizione visiva e ridiscutono - intraprendendo molteplici digressioni concettuali tra apparenza ed essenza - i principi di verità e di autorevolezza di forme d’arte onnipresenti e onniscienti.
Pittura, scultura, installazioni, video, neon e azioni performative invaderanno lo spazio espositivo senza soluzione di continuità, evitando logiche curatoriali consuete, per sviluppare invece un complesso percorso enunciativo ed escatologico, privo di evidenti e aprioristiche direttive, nel tentativo di condurre lo spettatore a rivelazioni posteriori, sospendendone il giudizio e la comprensione in un limbo d’indefinitezza e di dubbi condivisi, necessari per la riscoperta di verità non più individuali, inferite dai propri saperi pregressi ma riconducibili a esperienze esistenziali collettive di una società in formazione.
dettagli
Biglietto: ingresso libero
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35563.htm








GRIGio 2
dal 24/11/2015 al 11/01/2016

Martedì 24 novembre 2015 alle ore 17.30 presso la Biblioteca e Centro Culturale Hugo Pratt del Lido di Venezia viene inaugurata la Mostra personale di pittura di Silvia Stocchetto 'GRIGio 2'.
L'artista veneziana presenta nell'occasione oltre venti tele realizzate a olio e in tecnica mista, nonché una selezione di incisioni che illustrano la sua più recente produzione.
La presentazione è a cura dello scrittore Antonio Scutari.
La Mostra è visitabile presso la sala espositiva della Biblioteca Hugo Pratt dal 24 novembre 2015 all'11 gennaio 2016 nei seguenti orari: lun-mer-ven 9.00-14.00 e mar-gio 9.00-18.00
“Sono probabilmente illimitate le possibilità di declinazione della natura morta. A partire da certe piccole decorazioni murali in ville romane d'epoca imperiale, forse i primi esempi nella nostra storia della pittura, il 'genere' si riattiva continuamente, confermandosi inconsumabile.
Il particolare realismo dei quadri di Silvia Stocchetto è certamente da iscrivere in quella così vasta e sfumata tendenza internazionale chiamata realismo Magico. Sebbene minuzioso e preciso, il suo realismo non ha né l'esibizionismo virtuosistico, né l'oggettualismo ottuso dell'Iperrealismo.
La disposizione, il montaggio e soprattutto il tonalismo metallico, plumbeo, in cui i suoi oggetti sono immersi, danno una sensazione strana di divertimento e insieme di austerità, di affetto e di freddezza, di assurdità e di naturalezza.
Questa serie così omogenea di nature morte inscena, dunque, qualcosa di contraddittorio: come una teatralità ermetica, si, ma tuttavia coinvolgente; una ironica, muta “drammaturgia” domestica”. (Carlo Maschietto)
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Biglietto: ingresso libero
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35502.htm








Come eravamo, in bianco e nero
dal 20/11/2015 al 31/01/2016

Mostra, a cura di Elisabetta Da Lio e Vittorio Pavan, con le immagini dell'agenzia fotogiornalistica Cameraphoto Archivio Cameraphoto Epoche Venezia
Sette lustri di vita veneziana, dal dopoguerra ai primi anni Ottanta, si raccontano nella “verità” della fotografia, in una vasta panoramica, che pur è soltanto una minima parte dello sconfinato archivio di Cameraphoto: allora concorrente nel fotogiornalismo con l’agenzia Afi del Gazzettino e con i fotografi dell’Ansa, oggi miniera forse unica per la memoria e la ricerca.
Preziosa per rinverdire il ricordo di chi c’era (e molto ha dimenticato) e per far conoscere a chi non c’era un “come eravamo” che fonda ancora il nostro oggi, l’antologia proposta al Candiani, spazia con tocco leggero e profondo insieme dalle miserabili condizioni dei pianiterra abitati ai fasti del “ballo del secolo” di Carlos de Beistegui a palazzo Labia, dal delitto di Ca’ Dario all’incendio della petroliera Luisa nel canale della Giudecca, dagli scioperi a Porto Marghera alla realizzazione dell’aeroporto di Tessera, dai lavori sul cavalcaferrovia all’arrivo dei profughi vietnamiti, dal recupero del sommergibile Medusa all’ambulanza in barca a remi, dal nascente Villaggio San Marco alle classi elementari rigorosamente monosex, in un caleidoscopico transitare dalla cronaca nera a quella rosa, dai grandi personaggi alla gente comune, dalla città d’acqua a quella di terraferma, dagli anni postbellici a quelli del boom, cui gli scarni accenni delle righe precedenti vogliono essere soltanto un modesto trailer, tanto per restare in tema di immagini...
Altri e altrove diranno dei fotografi che hanno operato nella lunga e complessa storia di quella che Dino Jarach fondò come Interfoto all’indomani della guerra, divenuta poi Cameraphoto e infine traghettata da Celio Scapin verso la riproduzione artistica, ma sempre attenta al fotogiornalismo. Nell’archivio curato da Vittorio Pavan, trecentomila negativi della gloriosa Rolleiflex attendono di raccontare di nuovo la storia di una città, della quale oggi offrono una affascinante carrellata.
(Leopoldo Pietragnoli)
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Biglietto: ingresso libero

Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35472.htm








Confluence Island
dal 19/11/2015 al 19/12/2015
              
Mostra 'Confluence Island' di Janet Bellotto, curata da KJ Baysa è aperta dal 20 novembre al 19 dicembre 2015.
Confluence Island è un luogo nato dall’unione di due isole che sono confluite assieme fino a formare uno spazio altro, allo stesso tempo unico e duplice. E’ una fusione, reale e immaginaria, di terre e acque vicine geograficamente ma lontane nella loro essenza. La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan Jeff-Baysa
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35467.htm






Evolution Visio
dal 15/11/2015 al 13/12/2015
   
Mostra dal 15 novembre al 13 dicembre 'Evolution Visio. Fotografie di Giovanni Cecchinato'. A cura di Riccardo Caldura
'Il nostro essere attori partecipi, all’interno della città, è costantemente pizzicato da una serie continua di immagini che trasferiscono al nostro cervello stimoli, sensazioni e percezioni diverse che manifestano il benessere o il malessere di una situazione urbana generalmente difficilmente decriptabile. Esiste un processo mentale gerarchico che definisce la memoria dei luoghi. Quasi mai la scala dimensionale è quella che ne determina la scala gerarchica. Spesso ciò che resta impresso nella mente di una piazza o di uno spazio libero è la posizione dell’edicola, di un chiosco, di uno stendardo e non quella degli edifici che fanno da contorno o occupano la stessa piazza. L’equilibrio compositivo e la riconoscibilità degli spazi vuoti, la loro pulizia formale sono condizione fondamentale per la percezione di una “bella” città equilibrata e ordinata. Questa mostra fotografica, e il suo elevato livello analitico nella lettura del contesto urbano, sono occasione per discutere su come questo processo critico possa essere elemento fondamentale per dare un senso al vivere bene (in strada, nella città). Un modo per riflettere su come questo tessuto arterioso indifferenziato degli spazi vuoti (le strade, i marciapiedi, i giardini, i canali e le loro rive ecc.), elementi comuni alla città, debba e possa essere la cornice di una città “visibilmente” bella. È quindi meglio (anzi è indispensabile) un vaso di fiori o un addobbo che segua le stagioni, un angolo del marciapiede pulito e privo di cartacce, per ricordare e vivere positivamente un luogo architettonicamente bello. In questo senso, la Città deve dare indicazioni prescrittive chiare perché questo avvenga affinché “le regole” siano non solo quantitative ma producano anche una visibile percezione della loro bontà e opportunità per una migliore qualità della vita. A tal riguardo nella Città Giardino di Marghera il progetto e la sua effettiva realizzazione originale hanno portato, in parte nel tempo, alla riduzione della sua caratterizzazione qualitativa funzionale a favore di una deformazione quantitativa funzionale. Del tutto differente invece la sorte della Terraferma Mestrina la cui pianificazione e le cui norme hanno avuto una impostazione esclusivamente quantitativa. La differenza tra le parti del territorio è visibile e va recuperata nella sua qualità funzionale enfatizzando e ponendo sotto gli occhi di tutti gli elementi di riconoscibilità dell’architettura e dell’urbanistica.'
(ario Toffanello, Fabio Bevilacqua e Pietro Lotto)
La mostra sarà poi esposta dal 15 al 30 gennaio 2016 all' Università di Architettura, Venezia e dal 6 febbraio al 6 marzo 2016 alla Galleria d'Arte Biffi, Piacenza.
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Biglietto: ingresso libero
approfondimenti

Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35464.htm


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