domenica 15 novembre 2015

DAL 16 AL 20 NOVEMBRE 2015 - VENEZIA GRATIS - VENICE FOR FREE

16 NOVEMBRE 2015


Ruskino 2015 - Le immagini della storia
Russia-Italia. Pagine di cinema tra due culture
dal 10/11/2015 al 22/11/2015


                     
L'inaugurazione della mostra «Russia-Italia. Pagine di cinema tra due culture» si tiene martedì 10 novembre alle ore 18.00.
Il Museo Centrale Statale di Storia Contemporanea della Russia, in collaborazione con la Direzione dei Programmi Internazionali, inaugura la mostra «Russia-Italia. Pagine di cinema tra due culture». Lo scopo principale della rassegna è quello di fornire l’immagine delle relazioni tra Italia e Russia nel campo del cinema. La tradizione dei rapporti tra i due Paesi in quest’ambito ha una lunga storia: già dal 1961 si tenevano dei simposi italo-russi a cui partecipavano registi che, dopo aver guardato insieme i fi lm, discutevano dei più importanti problemi dell’arte. Nel frattempo a Mosca e in altre città sovietiche si assisteva spesso alla settimana del cinema italiano e in Italia a quella del cinema sovietico. Una delle sezioni più importanti, all’interno della mostra, è occupata dai materiali dedicati a noti fi lm sovietici che hanno infl uenzato la storia della cinematografi a nazionale e internazionale e sono stati premiati in diverse città. La mostra presenta locandine, fi lmati e fotografi e delle sceneggiature di fi lm come «Aleksandr Nevskij» e «Ivan il terribile» di Ejzenštejn, fra i più importanti classici del cinema mondiale. Il tema della Grande Guerra, di forte attualità nel contesto cinematografi co sovietico, si apre con i materiali di «Ballata di un soldato» di Chukhrai, che ha vinto nel 1960 il David di Donatello e «L’infanzia di Ivan» di Tarkovskij, insignito del Leone d’oro al miglior fi lm al Festival di Venezia nel 1962. Un’attenzione particolare nella mostra è riservata ai lavori cinematografi ci tratti dai classici, come le locandine e i fi lmati de «I fratelli Karamazov» di Pir’ev, «Anna Karenina» di Zarkhi, «Amleto» di Kozinzev e altri fi lm. Un rilievo altrettanto importante è assegnato ai materiali del capolavoro «Guerra e Pace» di Bondarchuk, per metà è costituiti dagli schizzi della sceneggiatura della Battaglia di Barodino. Nella mostra una sezione a parte è dedicata alla produzione cinematografi ca italo-sovietica, avviata già nel 1964 con Giuseppe De Santis e Dmitry Vasilev, registi di «Italiani brava gente», dedicato agli italiani che hanno combattuto in Russia. Nel 1967 tra Italia e Russia fu siglato un accordo specifi co di co-produzione cinematografi ca, concepito come una novità per il lavoro dei fi lm. Nella mostra sono presenti le locandine e lo foto dello staff di fi lm come «Waterloo» di Bondarchuk che ha ricevuto il David di Donatello nel 1971; «Una matta, matta, matta corsa in Russia» di Rjazanov, che ebbe molto successo in Russia; «La tenda rossa» di Kalatozov, ispirato alle vicende della spedizione polare del dirigibile Italia, comandata dal generale Umberto Nobile. I materiali della storia della distribuzione cinematografi ca del cinema italiano in Russia e i rari fi lmati della collezione Mosfi lm completano la mostra.
dettagli
Biglietto: ingresso libero

Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35276.htm








Dawn On A Dark Sublime
dal 14/11/2015 al 10/02/2016
 

Il progetto 'Dawn On A Dark Sublime' dell’artista Silvia Mariotti indaga un fenomeno naturale straordinario, che si contraddistingue per una forte connotazione storica – l’artista ha scelto infatti di fotografare le foibe: caverne verticali, abissi, grandi inghiottitoi dell’Istria e del Carso. Le foibe sono un soggetto controverso sia nel dibattito pubblico e sia nella mostra personale di Silvia Mariotti in cui nozioni sublimi sulla natura si intrecciano al pensiero storico. Fotografie, video, sculture e installazioni sonore trasmettono al visitatore un duplice sublime terrore: la magnificenza della natura raffigurata che agisce sulla percezione, ma che implica anche risvolti storici. Il titolo è un riferimento al ricordo, al rammentare, al fare luce attraverso la ricerca artistica su un soggetto notturno - infatti Dawn è l’alba che gradualmente conduce alla luce. Si tratta di un lavoro inedito, per la prima volta presentato negli spazi della Galleria A plus A, costituito da quindici opere, tra sculture, fotografie, video e installazioni sonore, risultato dello studio che da oltre due anni Silvia Mariotti sta conducendo su questo argomento. Opere che l’artista ha sviluppato direttamente sul territorio andando alla ricerca di grotte abbandonate da decenni e note solo alle popolazioni locali. Illustri predecessori hanno tentato delle imprese analoghe, Felix Nadar è stato il primo a spingersi nel 1861 con una fotocamera nel sottosuolo di Parigi, anticipando i suoi colleghi con la sua iniziativa di scattare fotografie nella rete fognaria e nelle catacombe di una grande metropoli. Per la prima volta veniva attribuito all’obiettivo la capacità di effettuare scoperte, era nata l’arte della fotografia e il progetto fotografico e scultoreo di Silvia Mariotti è proprio come l’impresa di Nadar – una sublime scoperta.
Le foibe sono diventate negli ultimi decenni un simbolo della storia più recente dell’Italia e dell’Istria. Come il vaso di pandora, queste grotte sembrano contenere per l’immaginario collettivo tutti i mali del ventesimo secolo. Esse sono diventate il catalizzatore dell’odio etnico, di crimini di guerra contro gli italiani e contro la popolazione locale, dell’esperienza dell’esilio e del grande trauma della nazione creatosi tra due guerre mondiali. Ma queste caverne sono anche fenomeni naturali. Le foibe non parlano soltanto della storia europea del 20esimo secolo, ma di una natura e una geologia millenaria e di tutta una serie di suggestioni letterarie, psicologiche, teologiche, mitologiche ed estetiche.
Jules Verne, per esempio, visitando la cittadina istriana di Pisino e il fiume Foiba che scorre a valle, ha immaginato una realtà parallela all’interno della cavità terrestre, in cui i protagonisti del suo famoso romanzo d’avventura Viaggio al centro della terra scoprono al centro del pianeta un mondo in cui esistono mari sotterranei e irradiazioni elettriche, quasi appartenessero alla preistoria o universi alieni. La mostra di Silvia Mariotti, non è solamente una rivisitazione della storia recente, ma vuole essere anche una rivelazione di un fenomeno naturale unico nel suo genere. Nell’opera dell’artista italiana tutte queste accezioni si manifestano agli occhi del visitatore che apprende a destreggiarsi con una molteplicità di livelli di lettura capaci di aprire a interpretazioni e ad ampliare gli orizzonti spesso limitati dai traumi storici. Le opere in mostra richiedono soprattutto uno sguardo e un ricordo individuale del visitatore, poiché la dimensione del ricordo è qualcosa che riguarda soprattutto l’individuo. È proprio questa la magia del sublime: nonostante riguardi una sfera intima ha la forza di aprire l’accesso a una dimensione più autentica della natura e della storia. Silvia Mariotti è nata a Fano nel 1980, vive e lavora a Milano. Utilizza principalmente la fotografia per interrogare l’habitat che ci circonda, individuando i nessi esistenti tra ciò che è artificiale e naturale. L’occhio fotomeccanico si sofferma su atmosfere sfuggenti, elementi anomali o situazioni enigmatiche; si sforza di isolare lo sguardo dal clamore della vita, ostinandosi a rallentare il ritmo sincopato per afferrare quelle schegge che – se prese singolarmente – costituiscono la trama dell’esistenza, costellata da desideri e nostalgie, equilibri e antinomie, luci e ombre. In tutte le opere, Silvia Mariotti cerca di fare esperienza dei luoghi e delle persone per meglio riflettere sulla situazione ambientale e sociale in cui viviamo. La mostra è cura di Aurora Fonda e Sandro Pignotti, e l'accompagna un catalogo con testi critici di Paolo Fonda, Rebecca Moccia, Sandro Pignotti e Marta Verginella.
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Biglietto: ingresso libero

Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35092.htm







Il paese dei Balocchi
DAL 07/11/2015 AL 22/11/2015
 

Dal 7 al 22 novembre la Torre civica di Mestre ospita una mostra d'arte contemporanea dedicata al progetto artistico pittorico “Il paese dei Balocchi”. L'iniziativa è promossa dalla Municipalità di Mestre Carpenedo, in collaborazione con Mes3venti. 'Il paese dei Balocchi' – si legge in una nota degli organizzatori - è il format usato da Altheo Magazine per far conoscere i nuovi talenti italiani nelle varie forme artistiche attraverso immagini, video ed interviste, alla scoperta di dubbi, progetti, sogni, delusioni e vittorie che li caratterizzano. Il tutto 'raccontato' con il metodo del viaggio 'on the road', lungo la penisola, lasciando parlare gli artisti e le artiste”.
La mostra, che sta facendo il giro d’Italia, vuole esprimere le emozioni e le idee di questi nuovi talenti comunicate attraverso la pittura, la scultura e il fumetto.
L’esposizione, ad ingresso libero, viene inaugurata sabato 6 novembre alle ore 17 e resta aperta al pubblico con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì dalle 17 alle 19 sabato e domenica dalle ore 10.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.30
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Biglietto: ingresso libero
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35376.htm








Il Bosco di San Fancesco – Uno sguardo sulla Romania (O privire catre Romania)
dal 06/11/2015 al 30/11/2015

Da sempre il bosco è un atelier a cielo aperto per l'arte immersa nell'ambiente che ci circonda. Anche quando ci appare come un fondale impenetrabile. Spettacolo di natura, spazio di libertà e di pensiero, il bosco fa il suo ingresso nell'arte fotografica del diciannovesimo secolo, rivoluzionando la pittura e il gusto per il paesaggio, con i ritratti della foresta di Fontainebleau di Gustave Le Gray in cui, la luce, filtrata dai rami, crea un'atmosfera di arte sacra molto amata da tutti i pittori che vi si rifugiano: Courbet, Rousseau, Corot; negli stati d'animo sospesi e colti in natura da Monet, Sisley e Renoir con la rapidità di un’impressione. Un movimento dell'arte nell'arte della rappresentazione in un magnifico laboratorio 'a grandezza naturale' che unisce la tecnica pittorica con quella fotografica, nell’eccitante sfida di cogliere, con immediatezza sensuale, il mutare della luce e i misteri dell'eterno, fino a incantarsi nel dripping di una foresta di Pollock.
Il Bosco di San Francesco è il titolo di una serie di 25 fotografie di 'luce ed energia' scattate tra il 2010 e il 2012 da Beba Stoppani sulle pendici del Monte Subasio, a pochi chilometri da Assisi.
Il rigoglio della vegetazione e l'intimo legame con la storia e l'insegnamento del Santo di Assisi, Patrono d'Italia, fanno di questa selva un luogo mistico, unico al mondo. E' un luogo sacro che da sempre suscita venerazione; luogo iniziatico di crescita organica e di rigenerazione, segnato dall’ordine simbolico dell'eremo, ma nello stesso tempo impossibile da governare; luogo magmatico per sua costituzione, dove ogni territorialità sprofonda in natura: ossa, bacche, battiti animali, funghi, memoria vivente e perduta, tutto partecipa alla decomposizione della materia organica che si fa humus e alimenta la terra. Nel bosco di San Francesco ci si addentra camminando.
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Biglietto: ingresso libero

Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35281.htm







Mostra fotografica: Quelli che...
dal 14/11/2015 al 20/11/2015
      
Abbandona l'amato colore ed il racconto della sacralità che abitualmente ricerca nei suoi viaggi, il veneziano Roberto Contin che, in questa occasione, presenta una carrellata di ritratti in B&W nella mostra 'Quelli che...' (Sala S Leonardo dal 14 al 20 di novembre.) 'Sono volti e storie che ho incontrato strada facendo. Appartengono a mondi, religioni,tradizioni, luoghi diversi. Sono gli occhi attraverso i quali ho conosciuto i tempi eterni di razze diverse, con uomini, donne, bambini che ho solo sfiorato, ma che mi hanno dato una fetta della loro energia vitale. Sono persone normali del Ladakh o ex tagliatori di teste del Nagaland, fumatori di oppio dell' Arunachal Pradesh preti copti egiziani o pellegrini etiopi.'
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35484.htm










17 NOVEMBRE 2015



Spring Rain: a Tribute to Jimmy Giuffre
dal 17/11/2015 al 17/11/2015


Due importanti esperienze musicali, quella di MusicaFoscari Jazz Fest e quella di San Servolo Jazz Meeting, convergono nella nuova proposta culturale MusicaFoscari / San Servolo Jazz Fest, che si tiene dal 17 al 20 novembre 2015 a Venezia. Languages racconta la pulsazione, segnata da ritmi diversi, e la pluralità delle lingue della vita di oggi. Reinventa le tradizioni sperimentando, s’intreccia con universi sonori non occidentali e con il respiro e i suoni della musica contemporanea.
Il protagonista del primo evento del Jazz Fest è il gruppo musicale Samuel Blaser Quartet con il concerto 'Spring Rain: a Tribute to Jimmy Giuffre' nell'Auditorium dell'Isola di San Servolo.
Il linguaggio originale, molto pensato e nello stesso tempo libero del talentuosissimo giovane trombonista e compositore Samuel Blaser. Una componente free stimola il gioco interattivo fra il virtuoso trombonista e Russ Lossing al piano, Masatoshi Kamaguchi al contrabbasso, Gerry Hemingway alla batteria. Stimatissimo - con collaborazioni di grande livello e tournée in USA, Europa, Cina - Samuel Blaser porta questo quartetto per la prima volta in Italia.
Samuel Blaser, trombone
Russ Lossing, pianoforte
Masatoshi Kamaguchi, contrabbasso
Gerry Hemingway, batteria
Samuel Blaser: Nato nel 1981 a La Chaux - De - Fonds in Svizzera, Samuel Blaser ha vissuto e studiato molti anni a New York prima di trasferirsi a Berlino dove tuttora risiede. Musicista dalla solida formazione classica, dopo anni rivolti al jazz tradizionale è da qualche tempo sotto i riflettori della scena internazionale perché considerato tanto un virtuoso del proprio strumento quanto capace di esplorare nuovi linguaggi. I suoi esordi lo vedono a fianco della leggenda del jazz Paul Motian – Consort in Motion è il nome della band – come in altri progetti a fianco dell'eccellente chitarrista Marc Ducret, anch'egli svizzero. Negli ultimi anni realizza album molto apprezzati; con gruppi a suo nome ha collaborato con Drew Gress, Gerry Hemingway, Michael Bates, Russ Lossing.
Russ Lossing: Ha studiato con John Cage nei primi anni ’80, ha collaborato e collabora con musicisti dell’avanguardia jazz quali Paul Motian, Dave Liebman, John Abergcrombie, Mat Maneri, Mark Dresser. Il suo linguaggio nasce dall’elaborazione di una sua “sintassi” musicale per la composizione e per l’improvvisazione. La sua produzione come compositore è molto ampia: ha pubblicato come leader 12 album, 21 colonne sonore di film e documentari. L’esperienza compositiva innesca una capacità improvvisativa molto libera e interattiva, orientata da quella che egli chiama “teoria della forma intuitiva”.
Masa (Masatoshi) Kamaguchi: Nato in Giappone, ha studiato alla Berklee di Boston. Dal 1994 risiede a New York, dove ha suonato con il quartetto acustico NAM, con Ben Monder, Billy Mintz, Chris Cheek, e Tony Malaby. Ha inciso con Paul Motian, Ron Horton, Jimmy Weinstein, Bert Seager, Matt Renzi, John Oʼ Gallagher e Roberta Piket (Fresh Sound). Masa è un contrabbassista acutamente intuitivo, con un tono caldo e moderno, a suo agio in un vasto campo di influenze musicali, che traduce in modo brillante nel proprio linguaggio.
Gerry Hemingway: Compositore, percussionista, artista visivo, insegnante, è da decenni sul fronte della musica creativa. Negli anni ’70 ha iniziato le collaborazioni con Anthony Davis, Leo Smith, George Lewis, Derek Bailey e Anthony Braxton, nel cui quartetto è stato dal 1983 al 1994. Dalla fine degli anni ’80 ha collaborato, fra molti altri, con Reggie Workman, Oliver Lake, Jeanne Lee, Marilyn Crispell, John Purcell, Don Byron, Ray Anderson, Ellery Eskelin, Mark Dresser. La sua multiforme attività come compositore, solista, membro di ensemble, può essere ascoltata in più di 150 registrazioni in molte diverse case discografiche, far le quali: Tzadik Records, Enja, Palmetto, Mode/Avant, Random Acoustics, Intact, Auricle Records, and Hat Art. Dal 2009 insegna alla Hochschule Luzern in Svizzera, dove vive attualmente.
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Biglietto: ingresso libero

Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35385.htm







Dawn On A Dark Sublime
dal 14/11/2015 al 10/02/2016
 

Il progetto 'Dawn On A Dark Sublime' dell’artista Silvia Mariotti indaga un fenomeno naturale straordinario, che si contraddistingue per una forte connotazione storica – l’artista ha scelto infatti di fotografare le foibe: caverne verticali, abissi, grandi inghiottitoi dell’Istria e del Carso. Le foibe sono un soggetto controverso sia nel dibattito pubblico e sia nella mostra personale di Silvia Mariotti in cui nozioni sublimi sulla natura si intrecciano al pensiero storico. Fotografie, video, sculture e installazioni sonore trasmettono al visitatore un duplice sublime terrore: la magnificenza della natura raffigurata che agisce sulla percezione, ma che implica anche risvolti storici. Il titolo è un riferimento al ricordo, al rammentare, al fare luce attraverso la ricerca artistica su un soggetto notturno - infatti Dawn è l’alba che gradualmente conduce alla luce. Si tratta di un lavoro inedito, per la prima volta presentato negli spazi della Galleria A plus A, costituito da quindici opere, tra sculture, fotografie, video e installazioni sonore, risultato dello studio che da oltre due anni Silvia Mariotti sta conducendo su questo argomento. Opere che l’artista ha sviluppato direttamente sul territorio andando alla ricerca di grotte abbandonate da decenni e note solo alle popolazioni locali. Illustri predecessori hanno tentato delle imprese analoghe, Felix Nadar è stato il primo a spingersi nel 1861 con una fotocamera nel sottosuolo di Parigi, anticipando i suoi colleghi con la sua iniziativa di scattare fotografie nella rete fognaria e nelle catacombe di una grande metropoli. Per la prima volta veniva attribuito all’obiettivo la capacità di effettuare scoperte, era nata l’arte della fotografia e il progetto fotografico e scultoreo di Silvia Mariotti è proprio come l’impresa di Nadar – una sublime scoperta.
Le foibe sono diventate negli ultimi decenni un simbolo della storia più recente dell’Italia e dell’Istria. Come il vaso di pandora, queste grotte sembrano contenere per l’immaginario collettivo tutti i mali del ventesimo secolo. Esse sono diventate il catalizzatore dell’odio etnico, di crimini di guerra contro gli italiani e contro la popolazione locale, dell’esperienza dell’esilio e del grande trauma della nazione creatosi tra due guerre mondiali. Ma queste caverne sono anche fenomeni naturali. Le foibe non parlano soltanto della storia europea del 20esimo secolo, ma di una natura e una geologia millenaria e di tutta una serie di suggestioni letterarie, psicologiche, teologiche, mitologiche ed estetiche.
Jules Verne, per esempio, visitando la cittadina istriana di Pisino e il fiume Foiba che scorre a valle, ha immaginato una realtà parallela all’interno della cavità terrestre, in cui i protagonisti del suo famoso romanzo d’avventura Viaggio al centro della terra scoprono al centro del pianeta un mondo in cui esistono mari sotterranei e irradiazioni elettriche, quasi appartenessero alla preistoria o universi alieni. La mostra di Silvia Mariotti, non è solamente una rivisitazione della storia recente, ma vuole essere anche una rivelazione di un fenomeno naturale unico nel suo genere. Nell’opera dell’artista italiana tutte queste accezioni si manifestano agli occhi del visitatore che apprende a destreggiarsi con una molteplicità di livelli di lettura capaci di aprire a interpretazioni e ad ampliare gli orizzonti spesso limitati dai traumi storici. Le opere in mostra richiedono soprattutto uno sguardo e un ricordo individuale del visitatore, poiché la dimensione del ricordo è qualcosa che riguarda soprattutto l’individuo. È proprio questa la magia del sublime: nonostante riguardi una sfera intima ha la forza di aprire l’accesso a una dimensione più autentica della natura e della storia. Silvia Mariotti è nata a Fano nel 1980, vive e lavora a Milano. Utilizza principalmente la fotografia per interrogare l’habitat che ci circonda, individuando i nessi esistenti tra ciò che è artificiale e naturale. L’occhio fotomeccanico si sofferma su atmosfere sfuggenti, elementi anomali o situazioni enigmatiche; si sforza di isolare lo sguardo dal clamore della vita, ostinandosi a rallentare il ritmo sincopato per afferrare quelle schegge che – se prese singolarmente – costituiscono la trama dell’esistenza, costellata da desideri e nostalgie, equilibri e antinomie, luci e ombre. In tutte le opere, Silvia Mariotti cerca di fare esperienza dei luoghi e delle persone per meglio riflettere sulla situazione ambientale e sociale in cui viviamo. La mostra è cura di Aurora Fonda e Sandro Pignotti, e l'accompagna un catalogo con testi critici di Paolo Fonda, Rebecca Moccia, Sandro Pignotti e Marta Verginella.
dettagli
Biglietto: ingresso libero

Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35092.htm







Mostra fotografica: Quelli che...
dal 14/11/2015 al 20/11/2015
      
Abbandona l'amato colore ed il racconto della sacralità che abitualmente ricerca nei suoi viaggi, il veneziano Roberto Contin che, in questa occasione, presenta una carrellata di ritratti in B&W nella mostra 'Quelli che...' (Sala S Leonardo dal 14 al 20 di novembre.) 'Sono volti e storie che ho incontrato strada facendo. Appartengono a mondi, religioni,tradizioni, luoghi diversi. Sono gli occhi attraverso i quali ho conosciuto i tempi eterni di razze diverse, con uomini, donne, bambini che ho solo sfiorato, ma che mi hanno dato una fetta della loro energia vitale. Sono persone normali del Ladakh o ex tagliatori di teste del Nagaland, fumatori di oppio dell' Arunachal Pradesh preti copti egiziani o pellegrini etiopi.'
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35484.htm










18 NOVEMBRE 2015



Hans-Joachim Staude. Pittore europeo nella Firenze del novecento
dal 18/11/2015 al 22/11/2015


Il 18 novembre 2015 inaugura sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia un evento dedicato al pittore Hans-Joachim Staude (Haiti 1904 – Firenze 1973), artista tedesco che si è distinto nella Firenze del '900, alla luce di nuove interpretazioni e dei suoi scritti inediti, organizzato dai figli Jakob Staude e Angela Staude Terzani in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini. Per cinque giorni la Sala Piccolo Teatro vede una mostra curata da Francesco Poli ed Elena Pontiggia con 27 dipinti – ritratti, paesaggi, nature morte – realizzati tra il 1929 e il 1973, accompagnata da un convegno che prevede l’intervento di 11 storici d’arte italiani e stranieri (18 e 19 novembre), per approfondire le ricerche che hanno fatto riscoprire l’importanza di questo pittore nell’arte italiana del ‘900. Hans-Joachim Staude è stato un pittore tedesco tra i più interessanti della sua generazione, la cui figura è ancora poco conosciuta in Italia. 27 dipinti accuratamente selezionati da Francesco Poli ed Elena Pontiggia, documentano la sua personale evoluzione artistica fra le tante suggestioni dell'arte italiana del '900, rivelando la sua precisa cifra stilistica e la sua originalità, che lo rendono uno dei più “italiani” fra i pittori tedeschi del XX secolo. Nato a Haiti da genitori tedeschi, Staude si formò ad Amburgo, dove nel 1918 vide la prima grande mostra di Edvard Munch. Dopo essere entrato in contatto con l’Espressionismo tedesco della “Brüc̈ke”, periodo in cui sua ricerca fu segnata da una sottile dimensione introspettiva e da una forte ispirazione filosofica, nel 1920 decise di dedicarsi alla pittura. Nel 1929, dopo un periodo di studi trascorso a Monaco di Baviera, e molti viaggi a Firenze, Amburgo e Parigi, dove venne influenzato dall’Impressionismo francese, Staude si stabilì definitivamente a Firenze, avvicinandosi alla “moderna classicità” dell’arte italiana fra le due guerre, da Ardengo Soffici a Felice Carena, e lavorandovi tutta la vita.
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Biglietto: ingresso libero
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-34981.htm







Evolution Visio
dal 15/11/2015 al 13/12/2015
       

Mostra dal 15 novembre al 13 dicembre 'Evolution Visio. Fotografie di Giovanni Cecchinato'. A cura di Riccardo Caldura
'Il nostro essere attori partecipi, all’interno della città, è costantemente pizzicato da una serie continua di immagini che trasferiscono al nostro cervello stimoli, sensazioni e percezioni diverse che manifestano il benessere o il malessere di una situazione urbana generalmente difficilmente decriptabile. Esiste un processo mentale gerarchico che definisce la memoria dei luoghi. Quasi mai la scala dimensionale è quella che ne determina la scala gerarchica. Spesso ciò che resta impresso nella mente di una piazza o di uno spazio libero è la posizione dell’edicola, di un chiosco, di uno stendardo e non quella degli edifici che fanno da contorno o occupano la stessa piazza. L’equilibrio compositivo e la riconoscibilità degli spazi vuoti, la loro pulizia formale sono condizione fondamentale per la percezione di una “bella” città equilibrata e ordinata. Questa mostra fotografica, e il suo elevato livello analitico nella lettura del contesto urbano, sono occasione per discutere su come questo processo critico possa essere elemento fondamentale per dare un senso al vivere bene (in strada, nella città). Un modo per riflettere su come questo tessuto arterioso indifferenziato degli spazi vuoti (le strade, i marciapiedi, i giardini, i canali e le loro rive ecc.), elementi comuni alla città, debba e possa essere la cornice di una città “visibilmente” bella. È quindi meglio (anzi è indispensabile) un vaso di fiori o un addobbo che segua le stagioni, un angolo del marciapiede pulito e privo di cartacce, per ricordare e vivere positivamente un luogo architettonicamente bello. In questo senso, la Città deve dare indicazioni prescrittive chiare perché questo avvenga affinché “le regole” siano non solo quantitative ma producano anche una visibile percezione della loro bontà e opportunità per una migliore qualità della vita. A tal riguardo nella Città Giardino di Marghera il progetto e la sua effettiva realizzazione originale hanno portato, in parte nel tempo, alla riduzione della sua caratterizzazione qualitativa funzionale a favore di una deformazione quantitativa funzionale. Del tutto differente invece la sorte della Terraferma Mestrina la cui pianificazione e le cui norme hanno avuto una impostazione esclusivamente quantitativa. La differenza tra le parti del territorio è visibile e va recuperata nella sua qualità funzionale enfatizzando e ponendo sotto gli occhi di tutti gli elementi di riconoscibilità dell’architettura e dell’urbanistica.'
(ario Toffanello, Fabio Bevilacqua e Pietro Lotto)
La mostra sarà poi esposta dal 15 al 30 gennaio 2016 all' Università di Architettura, Venezia e dal 6 febbraio al 6 marzo 2016 alla Galleria d'Arte Biffi, Piacenza.
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Biglietto: ingresso libero
approfondimenti
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35464.htm







Mostra fotografica: Quelli che...
dal 14/11/2015 al 20/11/2015
      
Abbandona l'amato colore ed il racconto della sacralità che abitualmente ricerca nei suoi viaggi, il veneziano Roberto Contin che, in questa occasione, presenta una carrellata di ritratti in B&W nella mostra 'Quelli che...' (Sala S Leonardo dal 14 al 20 di novembre.) 'Sono volti e storie che ho incontrato strada facendo. Appartengono a mondi, religioni,tradizioni, luoghi diversi. Sono gli occhi attraverso i quali ho conosciuto i tempi eterni di razze diverse, con uomini, donne, bambini che ho solo sfiorato, ma che mi hanno dato una fetta della loro energia vitale. Sono persone normali del Ladakh o ex tagliatori di teste del Nagaland, fumatori di oppio dell' Arunachal Pradesh preti copti egiziani o pellegrini etiopi.'
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35484.htm










19 NOVEMBRE 2015


Confluence Island
dal 19/11/2015 al 19/12/2015
 

Mostra 'Confluence Island' di Janet Bellotto, curata da KJ Baysa è aperta dal 20 novembre al 19 dicembre 2015.
Confluence Island è un luogo nato dall’unione di due isole che sono confluite assieme fino a formare uno spazio altro, allo stesso tempo unico e duplice. E’ una fusione, reale e immaginaria, di terre e acque vicine geograficamente ma lontane nella loro essenza. La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan Jeff-Baysa
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35467.htm










Evolution Visio
dal 15/11/2015 al 13/12/2015
       

Mostra dal 15 novembre al 13 dicembre 'Evolution Visio. Fotografie di Giovanni Cecchinato'. A cura di Riccardo Caldura
'Il nostro essere attori partecipi, all’interno della città, è costantemente pizzicato da una serie continua di immagini che trasferiscono al nostro cervello stimoli, sensazioni e percezioni diverse che manifestano il benessere o il malessere di una situazione urbana generalmente difficilmente decriptabile. Esiste un processo mentale gerarchico che definisce la memoria dei luoghi. Quasi mai la scala dimensionale è quella che ne determina la scala gerarchica. Spesso ciò che resta impresso nella mente di una piazza o di uno spazio libero è la posizione dell’edicola, di un chiosco, di uno stendardo e non quella degli edifici che fanno da contorno o occupano la stessa piazza. L’equilibrio compositivo e la riconoscibilità degli spazi vuoti, la loro pulizia formale sono condizione fondamentale per la percezione di una “bella” città equilibrata e ordinata. Questa mostra fotografica, e il suo elevato livello analitico nella lettura del contesto urbano, sono occasione per discutere su come questo processo critico possa essere elemento fondamentale per dare un senso al vivere bene (in strada, nella città). Un modo per riflettere su come questo tessuto arterioso indifferenziato degli spazi vuoti (le strade, i marciapiedi, i giardini, i canali e le loro rive ecc.), elementi comuni alla città, debba e possa essere la cornice di una città “visibilmente” bella. È quindi meglio (anzi è indispensabile) un vaso di fiori o un addobbo che segua le stagioni, un angolo del marciapiede pulito e privo di cartacce, per ricordare e vivere positivamente un luogo architettonicamente bello. In questo senso, la Città deve dare indicazioni prescrittive chiare perché questo avvenga affinché “le regole” siano non solo quantitative ma producano anche una visibile percezione della loro bontà e opportunità per una migliore qualità della vita. A tal riguardo nella Città Giardino di Marghera il progetto e la sua effettiva realizzazione originale hanno portato, in parte nel tempo, alla riduzione della sua caratterizzazione qualitativa funzionale a favore di una deformazione quantitativa funzionale. Del tutto differente invece la sorte della Terraferma Mestrina la cui pianificazione e le cui norme hanno avuto una impostazione esclusivamente quantitativa. La differenza tra le parti del territorio è visibile e va recuperata nella sua qualità funzionale enfatizzando e ponendo sotto gli occhi di tutti gli elementi di riconoscibilità dell’architettura e dell’urbanistica.'
(ario Toffanello, Fabio Bevilacqua e Pietro Lotto)
La mostra sarà poi esposta dal 15 al 30 gennaio 2016 all' Università di Architettura, Venezia e dal 6 febbraio al 6 marzo 2016 alla Galleria d'Arte Biffi, Piacenza.
dettagli
Biglietto: ingresso libero
approfondimenti
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35464.htm







Mostra fotografica: Quelli che...
dal 14/11/2015 al 20/11/2015
      
Abbandona l'amato colore ed il racconto della sacralità che abitualmente ricerca nei suoi viaggi, il veneziano Roberto Contin che, in questa occasione, presenta una carrellata di ritratti in B&W nella mostra 'Quelli che...' (Sala S Leonardo dal 14 al 20 di novembre.) 'Sono volti e storie che ho incontrato strada facendo. Appartengono a mondi, religioni,tradizioni, luoghi diversi. Sono gli occhi attraverso i quali ho conosciuto i tempi eterni di razze diverse, con uomini, donne, bambini che ho solo sfiorato, ma che mi hanno dato una fetta della loro energia vitale. Sono persone normali del Ladakh o ex tagliatori di teste del Nagaland, fumatori di oppio dell' Arunachal Pradesh preti copti egiziani o pellegrini etiopi.'
dettagli
Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35484.htm







Hans-Joachim Staude. Pittore europeo nella Firenze del novecento
dal 18/11/2015 al 22/11/2015


Il 18 novembre 2015 inaugura sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia un evento dedicato al pittore Hans-Joachim Staude (Haiti 1904 – Firenze 1973), artista tedesco che si è distinto nella Firenze del '900, alla luce di nuove interpretazioni e dei suoi scritti inediti, organizzato dai figli Jakob Staude e Angela Staude Terzani in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini. Per cinque giorni la Sala Piccolo Teatro vede una mostra curata da Francesco Poli ed Elena Pontiggia con 27 dipinti – ritratti, paesaggi, nature morte – realizzati tra il 1929 e il 1973, accompagnata da un convegno che prevede l’intervento di 11 storici d’arte italiani e stranieri (18 e 19 novembre), per approfondire le ricerche che hanno fatto riscoprire l’importanza di questo pittore nell’arte italiana del ‘900. Hans-Joachim Staude è stato un pittore tedesco tra i più interessanti della sua generazione, la cui figura è ancora poco conosciuta in Italia. 27 dipinti accuratamente selezionati da Francesco Poli ed Elena Pontiggia, documentano la sua personale evoluzione artistica fra le tante suggestioni dell'arte italiana del '900, rivelando la sua precisa cifra stilistica e la sua originalità, che lo rendono uno dei più “italiani” fra i pittori tedeschi del XX secolo. Nato a Haiti da genitori tedeschi, Staude si formò ad Amburgo, dove nel 1918 vide la prima grande mostra di Edvard Munch. Dopo essere entrato in contatto con l’Espressionismo tedesco della “Brüc̈ke”, periodo in cui sua ricerca fu segnata da una sottile dimensione introspettiva e da una forte ispirazione filosofica, nel 1920 decise di dedicarsi alla pittura. Nel 1929, dopo un periodo di studi trascorso a Monaco di Baviera, e molti viaggi a Firenze, Amburgo e Parigi, dove venne influenzato dall’Impressionismo francese, Staude si stabilì definitivamente a Firenze, avvicinandosi alla “moderna classicità” dell’arte italiana fra le due guerre, da Ardengo Soffici a Felice Carena, e lavorandovi tutta la vita.
dettagli
Biglietto: ingresso libero
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-34981.htm








20 NOVEMBRE 2015



Evolution Visio
dal 15/11/2015 al 13/12/2015
       

Mostra dal 15 novembre al 13 dicembre 'Evolution Visio. Fotografie di Giovanni Cecchinato'. A cura di Riccardo Caldura
'Il nostro essere attori partecipi, all’interno della città, è costantemente pizzicato da una serie continua di immagini che trasferiscono al nostro cervello stimoli, sensazioni e percezioni diverse che manifestano il benessere o il malessere di una situazione urbana generalmente difficilmente decriptabile. Esiste un processo mentale gerarchico che definisce la memoria dei luoghi. Quasi mai la scala dimensionale è quella che ne determina la scala gerarchica. Spesso ciò che resta impresso nella mente di una piazza o di uno spazio libero è la posizione dell’edicola, di un chiosco, di uno stendardo e non quella degli edifici che fanno da contorno o occupano la stessa piazza. L’equilibrio compositivo e la riconoscibilità degli spazi vuoti, la loro pulizia formale sono condizione fondamentale per la percezione di una “bella” città equilibrata e ordinata. Questa mostra fotografica, e il suo elevato livello analitico nella lettura del contesto urbano, sono occasione per discutere su come questo processo critico possa essere elemento fondamentale per dare un senso al vivere bene (in strada, nella città). Un modo per riflettere su come questo tessuto arterioso indifferenziato degli spazi vuoti (le strade, i marciapiedi, i giardini, i canali e le loro rive ecc.), elementi comuni alla città, debba e possa essere la cornice di una città “visibilmente” bella. È quindi meglio (anzi è indispensabile) un vaso di fiori o un addobbo che segua le stagioni, un angolo del marciapiede pulito e privo di cartacce, per ricordare e vivere positivamente un luogo architettonicamente bello. In questo senso, la Città deve dare indicazioni prescrittive chiare perché questo avvenga affinché “le regole” siano non solo quantitative ma producano anche una visibile percezione della loro bontà e opportunità per una migliore qualità della vita. A tal riguardo nella Città Giardino di Marghera il progetto e la sua effettiva realizzazione originale hanno portato, in parte nel tempo, alla riduzione della sua caratterizzazione qualitativa funzionale a favore di una deformazione quantitativa funzionale. Del tutto differente invece la sorte della Terraferma Mestrina la cui pianificazione e le cui norme hanno avuto una impostazione esclusivamente quantitativa. La differenza tra le parti del territorio è visibile e va recuperata nella sua qualità funzionale enfatizzando e ponendo sotto gli occhi di tutti gli elementi di riconoscibilità dell’architettura e dell’urbanistica.'
(ario Toffanello, Fabio Bevilacqua e Pietro Lotto)
La mostra sarà poi esposta dal 15 al 30 gennaio 2016 all' Università di Architettura, Venezia e dal 6 febbraio al 6 marzo 2016 alla Galleria d'Arte Biffi, Piacenza.
dettagli
Biglietto: ingresso libero
approfondimenti
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35464.htm








Mostra fotografica: Quelli che...
dal 14/11/2015 al 20/11/2015
      
Abbandona l'amato colore ed il racconto della sacralità che abitualmente ricerca nei suoi viaggi, il veneziano Roberto Contin che, in questa occasione, presenta una carrellata di ritratti in B&W nella mostra 'Quelli che...' (Sala S Leonardo dal 14 al 20 di novembre.) 'Sono volti e storie che ho incontrato strada facendo. Appartengono a mondi, religioni,tradizioni, luoghi diversi. Sono gli occhi attraverso i quali ho conosciuto i tempi eterni di razze diverse, con uomini, donne, bambini che ho solo sfiorato, ma che mi hanno dato una fetta della loro energia vitale. Sono persone normali del Ladakh o ex tagliatori di teste del Nagaland, fumatori di oppio dell' Arunachal Pradesh preti copti egiziani o pellegrini etiopi.'
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35484.htm







Hans-Joachim Staude. Pittore europeo nella Firenze del novecento
dal 18/11/2015 al 22/11/2015


Il 18 novembre 2015 inaugura sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia un evento dedicato al pittore Hans-Joachim Staude (Haiti 1904 – Firenze 1973), artista tedesco che si è distinto nella Firenze del '900, alla luce di nuove interpretazioni e dei suoi scritti inediti, organizzato dai figli Jakob Staude e Angela Staude Terzani in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini. Per cinque giorni la Sala Piccolo Teatro vede una mostra curata da Francesco Poli ed Elena Pontiggia con 27 dipinti – ritratti, paesaggi, nature morte – realizzati tra il 1929 e il 1973, accompagnata da un convegno che prevede l’intervento di 11 storici d’arte italiani e stranieri (18 e 19 novembre), per approfondire le ricerche che hanno fatto riscoprire l’importanza di questo pittore nell’arte italiana del ‘900. Hans-Joachim Staude è stato un pittore tedesco tra i più interessanti della sua generazione, la cui figura è ancora poco conosciuta in Italia. 27 dipinti accuratamente selezionati da Francesco Poli ed Elena Pontiggia, documentano la sua personale evoluzione artistica fra le tante suggestioni dell'arte italiana del '900, rivelando la sua precisa cifra stilistica e la sua originalità, che lo rendono uno dei più “italiani” fra i pittori tedeschi del XX secolo. Nato a Haiti da genitori tedeschi, Staude si formò ad Amburgo, dove nel 1918 vide la prima grande mostra di Edvard Munch. Dopo essere entrato in contatto con l’Espressionismo tedesco della “Brüc̈ke”, periodo in cui sua ricerca fu segnata da una sottile dimensione introspettiva e da una forte ispirazione filosofica, nel 1920 decise di dedicarsi alla pittura. Nel 1929, dopo un periodo di studi trascorso a Monaco di Baviera, e molti viaggi a Firenze, Amburgo e Parigi, dove venne influenzato dall’Impressionismo francese, Staude si stabilì definitivamente a Firenze, avvicinandosi alla “moderna classicità” dell’arte italiana fra le due guerre, da Ardengo Soffici a Felice Carena, e lavorandovi tutta la vita.
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Biglietto: ingresso libero
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http://www.agendavenezia.org/it/evento-34981.htm







Confluence Island
dal 19/11/2015 al 19/12/2015
 

Mostra 'Confluence Island' di Janet Bellotto, curata da KJ Baysa è aperta dal 20 novembre al 19 dicembre 2015.
Confluence Island è un luogo nato dall’unione di due isole che sono confluite assieme fino a formare uno spazio altro, allo stesso tempo unico e duplice. E’ una fusione, reale e immaginaria, di terre e acque vicine geograficamente ma lontane nella loro essenza. La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan Jeff-Baysa
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35467.htm








Come eravamo, in bianco e nero
dal 20/11/2015 al 31/01/2016
 
Mostra, a cura di Elisabetta Da Lio e Vittorio Pavan, con le immagini dell'agenzia fotogiornalistica Cameraphoto Archivio Cameraphoto Epoche Venezia
Sette lustri di vita veneziana, dal dopoguerra ai primi anni Ottanta, si raccontano nella “verità” della fotografia, in una vasta panoramica, che pur è soltanto una minima parte dello sconfinato archivio di Cameraphoto: allora concorrente nel fotogiornalismo con l’agenzia Afi del Gazzettino e con i fotografi dell’Ansa, oggi miniera forse unica per la memoria e la ricerca.
Preziosa per rinverdire il ricordo di chi c’era (e molto ha dimenticato) e per far conoscere a chi non c’era un “come eravamo” che fonda ancora il nostro oggi, l’antologia proposta al Candiani, spazia con tocco leggero e profondo insieme dalle miserabili condizioni dei pianiterra abitati ai fasti del “ballo del secolo” di Carlos de Beistegui a palazzo Labia, dal delitto di Ca’ Dario all’incendio della petroliera Luisa nel canale della Giudecca, dagli scioperi a Porto Marghera alla realizzazione dell’aeroporto di Tessera, dai lavori sul cavalcaferrovia all’arrivo dei profughi vietnamiti, dal recupero del sommergibile Medusa all’ambulanza in barca a remi, dal nascente Villaggio San Marco alle classi elementari rigorosamente monosex, in un caleidoscopico transitare dalla cronaca nera a quella rosa, dai grandi personaggi alla gente comune, dalla città d’acqua a quella di terraferma, dagli anni postbellici a quelli del boom, cui gli scarni accenni delle righe precedenti vogliono essere soltanto un modesto trailer, tanto per restare in tema di immagini...
Altri e altrove diranno dei fotografi che hanno operato nella lunga e complessa storia di quella che Dino Jarach fondò come Interfoto all’indomani della guerra, divenuta poi Cameraphoto e infine traghettata da Celio Scapin verso la riproduzione artistica, ma sempre attenta al fotogiornalismo. Nell’archivio curato da Vittorio Pavan, trecentomila negativi della gloriosa Rolleiflex attendono di raccontare di nuovo la storia di una città, della quale oggi offrono una affascinante carrellata.
(Leopoldo Pietragnoli)
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35472.htm

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