sabato 21 novembre 2015

DAL 21 AL 25 NOVEMBRE 2015 - VENEZIA GRATIS - VENICE FOR FREE

21 NOVEMBRE 2015




Come eravamo, in bianco e nero
dal 20/11/2015 al 31/01/2016

Mostra, a cura di Elisabetta Da Lio e Vittorio Pavan, con le immagini dell'agenzia fotogiornalistica Cameraphoto Archivio Cameraphoto Epoche Venezia
Sette lustri di vita veneziana, dal dopoguerra ai primi anni Ottanta, si raccontano nella “verità” della fotografia, in una vasta panoramica, che pur è soltanto una minima parte dello sconfinato archivio di Cameraphoto: allora concorrente nel fotogiornalismo con l’agenzia Afi del Gazzettino e con i fotografi dell’Ansa, oggi miniera forse unica per la memoria e la ricerca.
Preziosa per rinverdire il ricordo di chi c’era (e molto ha dimenticato) e per far conoscere a chi non c’era un “come eravamo” che fonda ancora il nostro oggi, l’antologia proposta al Candiani, spazia con tocco leggero e profondo insieme dalle miserabili condizioni dei pianiterra abitati ai fasti del “ballo del secolo” di Carlos de Beistegui a palazzo Labia, dal delitto di Ca’ Dario all’incendio della petroliera Luisa nel canale della Giudecca, dagli scioperi a Porto Marghera alla realizzazione dell’aeroporto di Tessera, dai lavori sul cavalcaferrovia all’arrivo dei profughi vietnamiti, dal recupero del sommergibile Medusa all’ambulanza in barca a remi, dal nascente Villaggio San Marco alle classi elementari rigorosamente monosex, in un caleidoscopico transitare dalla cronaca nera a quella rosa, dai grandi personaggi alla gente comune, dalla città d’acqua a quella di terraferma, dagli anni postbellici a quelli del boom, cui gli scarni accenni delle righe precedenti vogliono essere soltanto un modesto trailer, tanto per restare in tema di immagini...
Altri e altrove diranno dei fotografi che hanno operato nella lunga e complessa storia di quella che Dino Jarach fondò come Interfoto all’indomani della guerra, divenuta poi Cameraphoto e infine traghettata da Celio Scapin verso la riproduzione artistica, ma sempre attenta al fotogiornalismo. Nell’archivio curato da Vittorio Pavan, trecentomila negativi della gloriosa Rolleiflex attendono di raccontare di nuovo la storia di una città, della quale oggi offrono una affascinante carrellata.
(Leopoldo Pietragnoli)
dettagli
Biglietto: ingresso libero

Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35472.htm







Confluence Island
dal 19/11/2015 al 19/12/2015
              
Mostra 'Confluence Island' di Janet Bellotto, curata da KJ Baysa è aperta dal 20 novembre al 19 dicembre 2015.
Confluence Island è un luogo nato dall’unione di due isole che sono confluite assieme fino a formare uno spazio altro, allo stesso tempo unico e duplice. E’ una fusione, reale e immaginaria, di terre e acque vicine geograficamente ma lontane nella loro essenza. La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan Jeff-Baysa
dettagli
Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35467.htm







Mostra personale di Leonardo D'Este
dal 19/11/2015 al 03/12/2015
Arte contemporanea (o moderna)? No grazie! E’ meglio fare un viaggio a ritroso e andare a ritrovare in un lontano passato altri punti di riferimento in maestri che si chiamano Velasquez, Tiziano o magari Sargent, nella loro versione di ritrattisti. E’ questo il percorso intrapreso dal veneziano Leonardo D’Este che, dopo la laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e varie esperienze nell’ambito del paesaggio e della figura, da quattro anni ha messo al centro della sua ricerca il volto umano, facendone quasi una missione, all’insegna della verità e della sincerità. Per rafforzare la sua formazione classica si reca in Grecia presso la scuola del maestro Konstantin Kerestetzis e poi a Firenze per frequentare i corsi di pittura della Florence Academy of Art e del Charles H.Cecil Studios. Esperienze che gli permettono di perfezionare sempre più la sua tecnica ritrattistica sia per quanto riguarda i dettagli che gli effetti di luce. Il metodo utilizzato è quello del sight size, con il modello posto a una certa di distanza dal cavalletto. Leonardo D’Este vive e opera nell’isola di Burano.
Rassegna a cura di Emanuele Horodniceanu
dettagli
Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35487.htm






Hans-Joachim Staude. Pittore europeo nella Firenze del novecento
dal 18/11/2015 al 22/11/2015


Il 18 novembre 2015 inaugura sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia un evento dedicato al pittore Hans-Joachim Staude (Haiti 1904 – Firenze 1973), artista tedesco che si è distinto nella Firenze del '900, alla luce di nuove interpretazioni e dei suoi scritti inediti, organizzato dai figli Jakob Staude e Angela Staude Terzani in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini. Per cinque giorni la Sala Piccolo Teatro vede una mostra curata da Francesco Poli ed Elena Pontiggia con 27 dipinti – ritratti, paesaggi, nature morte – realizzati tra il 1929 e il 1973, accompagnata da un convegno che prevede l’intervento di 11 storici d’arte italiani e stranieri (18 e 19 novembre), per approfondire le ricerche che hanno fatto riscoprire l’importanza di questo pittore nell’arte italiana del ‘900. Hans-Joachim Staude è stato un pittore tedesco tra i più interessanti della sua generazione, la cui figura è ancora poco conosciuta in Italia. 27 dipinti accuratamente selezionati da Francesco Poli ed Elena Pontiggia, documentano la sua personale evoluzione artistica fra le tante suggestioni dell'arte italiana del '900, rivelando la sua precisa cifra stilistica e la sua originalità, che lo rendono uno dei più “italiani” fra i pittori tedeschi del XX secolo. Nato a Haiti da genitori tedeschi, Staude si formò ad Amburgo, dove nel 1918 vide la prima grande mostra di Edvard Munch. Dopo essere entrato in contatto con l’Espressionismo tedesco della “Brüc̈ke”, periodo in cui sua ricerca fu segnata da una sottile dimensione introspettiva e da una forte ispirazione filosofica, nel 1920 decise di dedicarsi alla pittura. Nel 1929, dopo un periodo di studi trascorso a Monaco di Baviera, e molti viaggi a Firenze, Amburgo e Parigi, dove venne influenzato dall’Impressionismo francese, Staude si stabilì definitivamente a Firenze, avvicinandosi alla “moderna classicità” dell’arte italiana fra le due guerre, da Ardengo Soffici a Felice Carena, e lavorandovi tutta la vita.
dettagli
Biglietto: ingresso libero
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-34981.htm







Evolution Visio
dal 15/11/2015 al 13/12/2015
       

Mostra dal 15 novembre al 13 dicembre 'Evolution Visio. Fotografie di Giovanni Cecchinato'. A cura di Riccardo Caldura
'Il nostro essere attori partecipi, all’interno della città, è costantemente pizzicato da una serie continua di immagini che trasferiscono al nostro cervello stimoli, sensazioni e percezioni diverse che manifestano il benessere o il malessere di una situazione urbana generalmente difficilmente decriptabile. Esiste un processo mentale gerarchico che definisce la memoria dei luoghi. Quasi mai la scala dimensionale è quella che ne determina la scala gerarchica. Spesso ciò che resta impresso nella mente di una piazza o di uno spazio libero è la posizione dell’edicola, di un chiosco, di uno stendardo e non quella degli edifici che fanno da contorno o occupano la stessa piazza. L’equilibrio compositivo e la riconoscibilità degli spazi vuoti, la loro pulizia formale sono condizione fondamentale per la percezione di una “bella” città equilibrata e ordinata. Questa mostra fotografica, e il suo elevato livello analitico nella lettura del contesto urbano, sono occasione per discutere su come questo processo critico possa essere elemento fondamentale per dare un senso al vivere bene (in strada, nella città). Un modo per riflettere su come questo tessuto arterioso indifferenziato degli spazi vuoti (le strade, i marciapiedi, i giardini, i canali e le loro rive ecc.), elementi comuni alla città, debba e possa essere la cornice di una città “visibilmente” bella. È quindi meglio (anzi è indispensabile) un vaso di fiori o un addobbo che segua le stagioni, un angolo del marciapiede pulito e privo di cartacce, per ricordare e vivere positivamente un luogo architettonicamente bello. In questo senso, la Città deve dare indicazioni prescrittive chiare perché questo avvenga affinché “le regole” siano non solo quantitative ma producano anche una visibile percezione della loro bontà e opportunità per una migliore qualità della vita. A tal riguardo nella Città Giardino di Marghera il progetto e la sua effettiva realizzazione originale hanno portato, in parte nel tempo, alla riduzione della sua caratterizzazione qualitativa funzionale a favore di una deformazione quantitativa funzionale. Del tutto differente invece la sorte della Terraferma Mestrina la cui pianificazione e le cui norme hanno avuto una impostazione esclusivamente quantitativa. La differenza tra le parti del territorio è visibile e va recuperata nella sua qualità funzionale enfatizzando e ponendo sotto gli occhi di tutti gli elementi di riconoscibilità dell’architettura e dell’urbanistica.'
(ario Toffanello, Fabio Bevilacqua e Pietro Lotto)
La mostra sarà poi esposta dal 15 al 30 gennaio 2016 all' Università di Architettura, Venezia e dal 6 febbraio al 6 marzo 2016 alla Galleria d'Arte Biffi, Piacenza.
dettagli
Biglietto: ingresso libero
approfondimenti
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35464.htm









22 NOVEMBRE 2015



Come eravamo, in bianco e nero
dal 20/11/2015 al 31/01/2016

Mostra, a cura di Elisabetta Da Lio e Vittorio Pavan, con le immagini dell'agenzia fotogiornalistica Cameraphoto Archivio Cameraphoto Epoche Venezia
Sette lustri di vita veneziana, dal dopoguerra ai primi anni Ottanta, si raccontano nella “verità” della fotografia, in una vasta panoramica, che pur è soltanto una minima parte dello sconfinato archivio di Cameraphoto: allora concorrente nel fotogiornalismo con l’agenzia Afi del Gazzettino e con i fotografi dell’Ansa, oggi miniera forse unica per la memoria e la ricerca.
Preziosa per rinverdire il ricordo di chi c’era (e molto ha dimenticato) e per far conoscere a chi non c’era un “come eravamo” che fonda ancora il nostro oggi, l’antologia proposta al Candiani, spazia con tocco leggero e profondo insieme dalle miserabili condizioni dei pianiterra abitati ai fasti del “ballo del secolo” di Carlos de Beistegui a palazzo Labia, dal delitto di Ca’ Dario all’incendio della petroliera Luisa nel canale della Giudecca, dagli scioperi a Porto Marghera alla realizzazione dell’aeroporto di Tessera, dai lavori sul cavalcaferrovia all’arrivo dei profughi vietnamiti, dal recupero del sommergibile Medusa all’ambulanza in barca a remi, dal nascente Villaggio San Marco alle classi elementari rigorosamente monosex, in un caleidoscopico transitare dalla cronaca nera a quella rosa, dai grandi personaggi alla gente comune, dalla città d’acqua a quella di terraferma, dagli anni postbellici a quelli del boom, cui gli scarni accenni delle righe precedenti vogliono essere soltanto un modesto trailer, tanto per restare in tema di immagini...
Altri e altrove diranno dei fotografi che hanno operato nella lunga e complessa storia di quella che Dino Jarach fondò come Interfoto all’indomani della guerra, divenuta poi Cameraphoto e infine traghettata da Celio Scapin verso la riproduzione artistica, ma sempre attenta al fotogiornalismo. Nell’archivio curato da Vittorio Pavan, trecentomila negativi della gloriosa Rolleiflex attendono di raccontare di nuovo la storia di una città, della quale oggi offrono una affascinante carrellata.
(Leopoldo Pietragnoli)
dettagli
Biglietto: ingresso libero

Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35472.htm







Confluence Island
dal 19/11/2015 al 19/12/2015
              
Mostra 'Confluence Island' di Janet Bellotto, curata da KJ Baysa è aperta dal 20 novembre al 19 dicembre 2015.
Confluence Island è un luogo nato dall’unione di due isole che sono confluite assieme fino a formare uno spazio altro, allo stesso tempo unico e duplice. E’ una fusione, reale e immaginaria, di terre e acque vicine geograficamente ma lontane nella loro essenza. La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan Jeff-Baysa
dettagli
Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35467.htm







Mostra personale di Leonardo D'Este
dal 19/11/2015 al 03/12/2015
Arte contemporanea (o moderna)? No grazie! E’ meglio fare un viaggio a ritroso e andare a ritrovare in un lontano passato altri punti di riferimento in maestri che si chiamano Velasquez, Tiziano o magari Sargent, nella loro versione di ritrattisti. E’ questo il percorso intrapreso dal veneziano Leonardo D’Este che, dopo la laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e varie esperienze nell’ambito del paesaggio e della figura, da quattro anni ha messo al centro della sua ricerca il volto umano, facendone quasi una missione, all’insegna della verità e della sincerità. Per rafforzare la sua formazione classica si reca in Grecia presso la scuola del maestro Konstantin Kerestetzis e poi a Firenze per frequentare i corsi di pittura della Florence Academy of Art e del Charles H.Cecil Studios. Esperienze che gli permettono di perfezionare sempre più la sua tecnica ritrattistica sia per quanto riguarda i dettagli che gli effetti di luce. Il metodo utilizzato è quello del sight size, con il modello posto a una certa di distanza dal cavalletto. Leonardo D’Este vive e opera nell’isola di Burano.
Rassegna a cura di Emanuele Horodniceanu
dettagli
Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35487.htm






Hans-Joachim Staude. Pittore europeo nella Firenze del novecento
dal 18/11/2015 al 22/11/2015


Il 18 novembre 2015 inaugura sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia un evento dedicato al pittore Hans-Joachim Staude (Haiti 1904 – Firenze 1973), artista tedesco che si è distinto nella Firenze del '900, alla luce di nuove interpretazioni e dei suoi scritti inediti, organizzato dai figli Jakob Staude e Angela Staude Terzani in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini. Per cinque giorni la Sala Piccolo Teatro vede una mostra curata da Francesco Poli ed Elena Pontiggia con 27 dipinti – ritratti, paesaggi, nature morte – realizzati tra il 1929 e il 1973, accompagnata da un convegno che prevede l’intervento di 11 storici d’arte italiani e stranieri (18 e 19 novembre), per approfondire le ricerche che hanno fatto riscoprire l’importanza di questo pittore nell’arte italiana del ‘900. Hans-Joachim Staude è stato un pittore tedesco tra i più interessanti della sua generazione, la cui figura è ancora poco conosciuta in Italia. 27 dipinti accuratamente selezionati da Francesco Poli ed Elena Pontiggia, documentano la sua personale evoluzione artistica fra le tante suggestioni dell'arte italiana del '900, rivelando la sua precisa cifra stilistica e la sua originalità, che lo rendono uno dei più “italiani” fra i pittori tedeschi del XX secolo. Nato a Haiti da genitori tedeschi, Staude si formò ad Amburgo, dove nel 1918 vide la prima grande mostra di Edvard Munch. Dopo essere entrato in contatto con l’Espressionismo tedesco della “Brüc̈ke”, periodo in cui sua ricerca fu segnata da una sottile dimensione introspettiva e da una forte ispirazione filosofica, nel 1920 decise di dedicarsi alla pittura. Nel 1929, dopo un periodo di studi trascorso a Monaco di Baviera, e molti viaggi a Firenze, Amburgo e Parigi, dove venne influenzato dall’Impressionismo francese, Staude si stabilì definitivamente a Firenze, avvicinandosi alla “moderna classicità” dell’arte italiana fra le due guerre, da Ardengo Soffici a Felice Carena, e lavorandovi tutta la vita.
dettagli
Biglietto: ingresso libero
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-34981.htm







Ruskino 2015 - Le immagini della storia
Russia-Italia. Pagine di cinema tra due culture
dal 10/11/2015 al 22/11/2015


                     
L'inaugurazione della mostra «Russia-Italia. Pagine di cinema tra due culture» si tiene martedì 10 novembre alle ore 18.00.
Il Museo Centrale Statale di Storia Contemporanea della Russia, in collaborazione con la Direzione dei Programmi Internazionali, inaugura la mostra «Russia-Italia. Pagine di cinema tra due culture». Lo scopo principale della rassegna è quello di fornire l’immagine delle relazioni tra Italia e Russia nel campo del cinema. La tradizione dei rapporti tra i due Paesi in quest’ambito ha una lunga storia: già dal 1961 si tenevano dei simposi italo-russi a cui partecipavano registi che, dopo aver guardato insieme i fi lm, discutevano dei più importanti problemi dell’arte. Nel frattempo a Mosca e in altre città sovietiche si assisteva spesso alla settimana del cinema italiano e in Italia a quella del cinema sovietico. Una delle sezioni più importanti, all’interno della mostra, è occupata dai materiali dedicati a noti fi lm sovietici che hanno infl uenzato la storia della cinematografi a nazionale e internazionale e sono stati premiati in diverse città. La mostra presenta locandine, fi lmati e fotografi e delle sceneggiature di fi lm come «Aleksandr Nevskij» e «Ivan il terribile» di Ejzenštejn, fra i più importanti classici del cinema mondiale. Il tema della Grande Guerra, di forte attualità nel contesto cinematografi co sovietico, si apre con i materiali di «Ballata di un soldato» di Chukhrai, che ha vinto nel 1960 il David di Donatello e «L’infanzia di Ivan» di Tarkovskij, insignito del Leone d’oro al miglior fi lm al Festival di Venezia nel 1962. Un’attenzione particolare nella mostra è riservata ai lavori cinematografi ci tratti dai classici, come le locandine e i fi lmati de «I fratelli Karamazov» di Pir’ev, «Anna Karenina» di Zarkhi, «Amleto» di Kozinzev e altri fi lm. Un rilievo altrettanto importante è assegnato ai materiali del capolavoro «Guerra e Pace» di Bondarchuk, per metà è costituiti dagli schizzi della sceneggiatura della Battaglia di Barodino. Nella mostra una sezione a parte è dedicata alla produzione cinematografi ca italo-sovietica, avviata già nel 1964 con Giuseppe De Santis e Dmitry Vasilev, registi di «Italiani brava gente», dedicato agli italiani che hanno combattuto in Russia. Nel 1967 tra Italia e Russia fu siglato un accordo specifi co di co-produzione cinematografi ca, concepito come una novità per il lavoro dei fi lm. Nella mostra sono presenti le locandine e lo foto dello staff di fi lm come «Waterloo» di Bondarchuk che ha ricevuto il David di Donatello nel 1971; «Una matta, matta, matta corsa in Russia» di Rjazanov, che ebbe molto successo in Russia; «La tenda rossa» di Kalatozov, ispirato alle vicende della spedizione polare del dirigibile Italia, comandata dal generale Umberto Nobile. I materiali della storia della distribuzione cinematografi ca del cinema italiano in Russia e i rari fi lmati della collezione Mosfi lm completano la mostra.
dettagli
Biglietto: ingresso libero

Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35276.htm











23 NOVEMBRE 2015


Come eravamo, in bianco e nero
dal 20/11/2015 al 31/01/2016

Mostra, a cura di Elisabetta Da Lio e Vittorio Pavan, con le immagini dell'agenzia fotogiornalistica Cameraphoto Archivio Cameraphoto Epoche Venezia
Sette lustri di vita veneziana, dal dopoguerra ai primi anni Ottanta, si raccontano nella “verità” della fotografia, in una vasta panoramica, che pur è soltanto una minima parte dello sconfinato archivio di Cameraphoto: allora concorrente nel fotogiornalismo con l’agenzia Afi del Gazzettino e con i fotografi dell’Ansa, oggi miniera forse unica per la memoria e la ricerca.
Preziosa per rinverdire il ricordo di chi c’era (e molto ha dimenticato) e per far conoscere a chi non c’era un “come eravamo” che fonda ancora il nostro oggi, l’antologia proposta al Candiani, spazia con tocco leggero e profondo insieme dalle miserabili condizioni dei pianiterra abitati ai fasti del “ballo del secolo” di Carlos de Beistegui a palazzo Labia, dal delitto di Ca’ Dario all’incendio della petroliera Luisa nel canale della Giudecca, dagli scioperi a Porto Marghera alla realizzazione dell’aeroporto di Tessera, dai lavori sul cavalcaferrovia all’arrivo dei profughi vietnamiti, dal recupero del sommergibile Medusa all’ambulanza in barca a remi, dal nascente Villaggio San Marco alle classi elementari rigorosamente monosex, in un caleidoscopico transitare dalla cronaca nera a quella rosa, dai grandi personaggi alla gente comune, dalla città d’acqua a quella di terraferma, dagli anni postbellici a quelli del boom, cui gli scarni accenni delle righe precedenti vogliono essere soltanto un modesto trailer, tanto per restare in tema di immagini...
Altri e altrove diranno dei fotografi che hanno operato nella lunga e complessa storia di quella che Dino Jarach fondò come Interfoto all’indomani della guerra, divenuta poi Cameraphoto e infine traghettata da Celio Scapin verso la riproduzione artistica, ma sempre attenta al fotogiornalismo. Nell’archivio curato da Vittorio Pavan, trecentomila negativi della gloriosa Rolleiflex attendono di raccontare di nuovo la storia di una città, della quale oggi offrono una affascinante carrellata.
(Leopoldo Pietragnoli)
dettagli
Biglietto: ingresso libero

Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35472.htm







Confluence Island
dal 19/11/2015 al 19/12/2015
              
Mostra 'Confluence Island' di Janet Bellotto, curata da KJ Baysa è aperta dal 20 novembre al 19 dicembre 2015.
Confluence Island è un luogo nato dall’unione di due isole che sono confluite assieme fino a formare uno spazio altro, allo stesso tempo unico e duplice. E’ una fusione, reale e immaginaria, di terre e acque vicine geograficamente ma lontane nella loro essenza. La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan Jeff-Baysa
dettagli
Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35467.htm







Mostra personale di Leonardo D'Este
dal 19/11/2015 al 03/12/2015
Arte contemporanea (o moderna)? No grazie! E’ meglio fare un viaggio a ritroso e andare a ritrovare in un lontano passato altri punti di riferimento in maestri che si chiamano Velasquez, Tiziano o magari Sargent, nella loro versione di ritrattisti. E’ questo il percorso intrapreso dal veneziano Leonardo D’Este che, dopo la laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e varie esperienze nell’ambito del paesaggio e della figura, da quattro anni ha messo al centro della sua ricerca il volto umano, facendone quasi una missione, all’insegna della verità e della sincerità. Per rafforzare la sua formazione classica si reca in Grecia presso la scuola del maestro Konstantin Kerestetzis e poi a Firenze per frequentare i corsi di pittura della Florence Academy of Art e del Charles H.Cecil Studios. Esperienze che gli permettono di perfezionare sempre più la sua tecnica ritrattistica sia per quanto riguarda i dettagli che gli effetti di luce. Il metodo utilizzato è quello del sight size, con il modello posto a una certa di distanza dal cavalletto. Leonardo D’Este vive e opera nell’isola di Burano.
Rassegna a cura di Emanuele Horodniceanu
dettagli
Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35487.htm







Evolution Visio
dal 15/11/2015 al 13/12/2015
       

Mostra dal 15 novembre al 13 dicembre 'Evolution Visio. Fotografie di Giovanni Cecchinato'. A cura di Riccardo Caldura
'Il nostro essere attori partecipi, all’interno della città, è costantemente pizzicato da una serie continua di immagini che trasferiscono al nostro cervello stimoli, sensazioni e percezioni diverse che manifestano il benessere o il malessere di una situazione urbana generalmente difficilmente decriptabile. Esiste un processo mentale gerarchico che definisce la memoria dei luoghi. Quasi mai la scala dimensionale è quella che ne determina la scala gerarchica. Spesso ciò che resta impresso nella mente di una piazza o di uno spazio libero è la posizione dell’edicola, di un chiosco, di uno stendardo e non quella degli edifici che fanno da contorno o occupano la stessa piazza. L’equilibrio compositivo e la riconoscibilità degli spazi vuoti, la loro pulizia formale sono condizione fondamentale per la percezione di una “bella” città equilibrata e ordinata. Questa mostra fotografica, e il suo elevato livello analitico nella lettura del contesto urbano, sono occasione per discutere su come questo processo critico possa essere elemento fondamentale per dare un senso al vivere bene (in strada, nella città). Un modo per riflettere su come questo tessuto arterioso indifferenziato degli spazi vuoti (le strade, i marciapiedi, i giardini, i canali e le loro rive ecc.), elementi comuni alla città, debba e possa essere la cornice di una città “visibilmente” bella. È quindi meglio (anzi è indispensabile) un vaso di fiori o un addobbo che segua le stagioni, un angolo del marciapiede pulito e privo di cartacce, per ricordare e vivere positivamente un luogo architettonicamente bello. In questo senso, la Città deve dare indicazioni prescrittive chiare perché questo avvenga affinché “le regole” siano non solo quantitative ma producano anche una visibile percezione della loro bontà e opportunità per una migliore qualità della vita. A tal riguardo nella Città Giardino di Marghera il progetto e la sua effettiva realizzazione originale hanno portato, in parte nel tempo, alla riduzione della sua caratterizzazione qualitativa funzionale a favore di una deformazione quantitativa funzionale. Del tutto differente invece la sorte della Terraferma Mestrina la cui pianificazione e le cui norme hanno avuto una impostazione esclusivamente quantitativa. La differenza tra le parti del territorio è visibile e va recuperata nella sua qualità funzionale enfatizzando e ponendo sotto gli occhi di tutti gli elementi di riconoscibilità dell’architettura e dell’urbanistica.'
(ario Toffanello, Fabio Bevilacqua e Pietro Lotto)
La mostra sarà poi esposta dal 15 al 30 gennaio 2016 all' Università di Architettura, Venezia e dal 6 febbraio al 6 marzo 2016 alla Galleria d'Arte Biffi, Piacenza.
dettagli
Biglietto: ingresso libero
approfondimenti
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35464.htm






Bruno Munari 'Illusioni luminose'
dal 01/11/2015 al 05/12/2015
      
Bruno Munari (1907-1998) è sicuramente l’artista più sperimentale, curioso e poliedrico del ‘900 italiano. Nato con il futurismo, si è dedicato poi a tutte le declinazioni della creatività, comprese quelle legate al divenire tecnologico, con intuizioni spesso geniali. La scorsa domenica 20 ottobre alcuni suoi vetrini progettati per pilotare delle emissioni luminose attraverso dei filtri polarizzati hanno riempito la facciata interna di Palazzo Zenobio. Un’esperienza mai tentata in queste dimensioni da Munari che negli anni esplorava l’ombra o ricercava movimenti illusori con la stessa determinazione con la quale progettava le macchine inutili. Dopo la serata di Palazzo Zenobio le 'Illusioni luminose' vengono riproposte alla Fabbrica del vedere dal 1 novembre al 5 dicembre (inaugurazione 31 ottobre ore 18.00). Sempre con i processi sonori originali di Michele Del Prete, sempre grazie alle rielaborazioni digitali di Igor Imhoff. Sempre con la curatela di Miroslava Hajek, custode e divulgatrice delle linee di ricerca estetica di Munari. E con il supporto, ancora, di Musica Venezia di Roberta Reeder che ha promosso gli eventi di Palazzo Zenobio.
dettagli
Biglietto: ingresso libero
Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35243.htm








24 NOVEMBRE 2015


Come eravamo, in bianco e nero
dal 20/11/2015 al 31/01/2016

Mostra, a cura di Elisabetta Da Lio e Vittorio Pavan, con le immagini dell'agenzia fotogiornalistica Cameraphoto Archivio Cameraphoto Epoche Venezia
Sette lustri di vita veneziana, dal dopoguerra ai primi anni Ottanta, si raccontano nella “verità” della fotografia, in una vasta panoramica, che pur è soltanto una minima parte dello sconfinato archivio di Cameraphoto: allora concorrente nel fotogiornalismo con l’agenzia Afi del Gazzettino e con i fotografi dell’Ansa, oggi miniera forse unica per la memoria e la ricerca.
Preziosa per rinverdire il ricordo di chi c’era (e molto ha dimenticato) e per far conoscere a chi non c’era un “come eravamo” che fonda ancora il nostro oggi, l’antologia proposta al Candiani, spazia con tocco leggero e profondo insieme dalle miserabili condizioni dei pianiterra abitati ai fasti del “ballo del secolo” di Carlos de Beistegui a palazzo Labia, dal delitto di Ca’ Dario all’incendio della petroliera Luisa nel canale della Giudecca, dagli scioperi a Porto Marghera alla realizzazione dell’aeroporto di Tessera, dai lavori sul cavalcaferrovia all’arrivo dei profughi vietnamiti, dal recupero del sommergibile Medusa all’ambulanza in barca a remi, dal nascente Villaggio San Marco alle classi elementari rigorosamente monosex, in un caleidoscopico transitare dalla cronaca nera a quella rosa, dai grandi personaggi alla gente comune, dalla città d’acqua a quella di terraferma, dagli anni postbellici a quelli del boom, cui gli scarni accenni delle righe precedenti vogliono essere soltanto un modesto trailer, tanto per restare in tema di immagini...
Altri e altrove diranno dei fotografi che hanno operato nella lunga e complessa storia di quella che Dino Jarach fondò come Interfoto all’indomani della guerra, divenuta poi Cameraphoto e infine traghettata da Celio Scapin verso la riproduzione artistica, ma sempre attenta al fotogiornalismo. Nell’archivio curato da Vittorio Pavan, trecentomila negativi della gloriosa Rolleiflex attendono di raccontare di nuovo la storia di una città, della quale oggi offrono una affascinante carrellata.
(Leopoldo Pietragnoli)
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Biglietto: ingresso libero

Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35472.htm







Confluence Island
dal 19/11/2015 al 19/12/2015
              
Mostra 'Confluence Island' di Janet Bellotto, curata da KJ Baysa è aperta dal 20 novembre al 19 dicembre 2015.
Confluence Island è un luogo nato dall’unione di due isole che sono confluite assieme fino a formare uno spazio altro, allo stesso tempo unico e duplice. E’ una fusione, reale e immaginaria, di terre e acque vicine geograficamente ma lontane nella loro essenza. La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan Jeff-Baysa
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35467.htm







Mostra personale di Leonardo D'Este
dal 19/11/2015 al 03/12/2015
Arte contemporanea (o moderna)? No grazie! E’ meglio fare un viaggio a ritroso e andare a ritrovare in un lontano passato altri punti di riferimento in maestri che si chiamano Velasquez, Tiziano o magari Sargent, nella loro versione di ritrattisti. E’ questo il percorso intrapreso dal veneziano Leonardo D’Este che, dopo la laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e varie esperienze nell’ambito del paesaggio e della figura, da quattro anni ha messo al centro della sua ricerca il volto umano, facendone quasi una missione, all’insegna della verità e della sincerità. Per rafforzare la sua formazione classica si reca in Grecia presso la scuola del maestro Konstantin Kerestetzis e poi a Firenze per frequentare i corsi di pittura della Florence Academy of Art e del Charles H.Cecil Studios. Esperienze che gli permettono di perfezionare sempre più la sua tecnica ritrattistica sia per quanto riguarda i dettagli che gli effetti di luce. Il metodo utilizzato è quello del sight size, con il modello posto a una certa di distanza dal cavalletto. Leonardo D’Este vive e opera nell’isola di Burano.
Rassegna a cura di Emanuele Horodniceanu
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Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35487.htm








Il Bosco di San Fancesco – Uno sguardo sulla Romania (O privire catre Romania)
dal 06/11/2015 al 30/11/2015

Da sempre il bosco è un atelier a cielo aperto per l'arte immersa nell'ambiente che ci circonda. Anche quando ci appare come un fondale impenetrabile. Spettacolo di natura, spazio di libertà e di pensiero, il bosco fa il suo ingresso nell'arte fotografica del diciannovesimo secolo, rivoluzionando la pittura e il gusto per il paesaggio, con i ritratti della foresta di Fontainebleau di Gustave Le Gray in cui, la luce, filtrata dai rami, crea un'atmosfera di arte sacra molto amata da tutti i pittori che vi si rifugiano: Courbet, Rousseau, Corot; negli stati d'animo sospesi e colti in natura da Monet, Sisley e Renoir con la rapidità di un’impressione. Un movimento dell'arte nell'arte della rappresentazione in un magnifico laboratorio 'a grandezza naturale' che unisce la tecnica pittorica con quella fotografica, nell’eccitante sfida di cogliere, con immediatezza sensuale, il mutare della luce e i misteri dell'eterno, fino a incantarsi nel dripping di una foresta di Pollock.
Il Bosco di San Francesco è il titolo di una serie di 25 fotografie di 'luce ed energia' scattate tra il 2010 e il 2012 da Beba Stoppani sulle pendici del Monte Subasio, a pochi chilometri da Assisi.
Il rigoglio della vegetazione e l'intimo legame con la storia e l'insegnamento del Santo di Assisi, Patrono d'Italia, fanno di questa selva un luogo mistico, unico al mondo. E' un luogo sacro che da sempre suscita venerazione; luogo iniziatico di crescita organica e di rigenerazione, segnato dall’ordine simbolico dell'eremo, ma nello stesso tempo impossibile da governare; luogo magmatico per sua costituzione, dove ogni territorialità sprofonda in natura: ossa, bacche, battiti animali, funghi, memoria vivente e perduta, tutto partecipa alla decomposizione della materia organica che si fa humus e alimenta la terra. Nel bosco di San Francesco ci si addentra camminando.
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Biglietto: ingresso libero

Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35281.htm






Mostra personale di Lega, Nazarian e Zagni
dal 04/11/2015 al 04/12/2015


La Bottega d’Arte Gibigiana inaugura mercoledì 4 Novembre alle ore 18.00 una nuova mostra tutta al femminile.
Dedicata al lavoro di tre donne, tre ceramiste, tre artiste dal percorso formativo molto differente, ma intimamente accomunate da un personalissimo sguardo rivolto al mondo della natura, alla forma organica e dall’ insaziabile ricerca nei micro e macro organismi del cosmo. Leitmotiv, poi comune agli artisti in residenza stabile in Gibigiana.
Carla Lega, figlia d’arte, inizia a modellare e creare manufatti in ceramica nel 1975 affiancando il padre Leandro Lega. Si inserisce nella storica tradizione faentina con un linguaggio moderno e assolutamente autonomo, vivacizzato dall’uso particolare del colore e dalla ricerca di forme in divenire sempre nuove. Le sue ultime creazioni sono lastre sottilissime di argilla modellata a “cartoccio” o forme ottenute a “colombino” decorate con smalti metallici e irridescenti. Dagli anni 90’ partecipa a numerose mostre ottenendo premi e riconoscimenti.
Arsinè Nazarian di origini armene, vive e lavora a Venezia. Laureata in filosofia all’università Ca’ Foscari, da anni focalizza il suo lavoro sul grès e la porcellana, nella ricerca di particolari textures e forme. Gli smalti sono elaborati personalmente utilizzando ceneri e terre. La sua linea di complementi d’arredo e oggetti d’uso è foggiata a mano in porcellana e grès, smaltata ad alta temperatura (1260°) con smalti atossici realizzati dall’artista. Ha partecipato a numerose mostre collettive e personali. Ne ricordiamo alcune, come l’esposizione stabile presso Kimera, Irvine, California, mostra collettiva presso lo spazio espositivo Peniche Anako, Senna, Parigi, LiberEsistenze presso il Centro Culturale Candiani, Mestre, Venezia.
Silvia Zagni, bolognese, dopo essersi diplomata all’Accademia di Belle Arti di Bologna dà vita ad un immaginario che si serve della terra cotta come strumento primo della propria espressione artistica. Lavora e vive nel castello di Elle a Rioveggio, sull’appennino bolognese, le tecniche da lei usate sono strettamente collegate alla storia geologica e alla realtà di questi luoghi, dove l’artista raccoglie grès puro, sabbia silicea raffinatissima e caolino purissimo. La sua arte, pur nutrendosi di linguaggi squisitamente contemporanei, come la performance, l’installazione site specific e la land art è intimamente complice con tecniche di lavorazione antiche proprie del territorio che la circonda.
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Biglietto: ingresso libero

Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35307.htm










25 NOVEMBRE 2015



Dawn On A Dark Sublime
dal 14/11/2015 al 10/02/2016
 

Il progetto 'Dawn On A Dark Sublime' dell’artista Silvia Mariotti indaga un fenomeno naturale straordinario, che si contraddistingue per una forte connotazione storica – l’artista ha scelto infatti di fotografare le foibe: caverne verticali, abissi, grandi inghiottitoi dell’Istria e del Carso. Le foibe sono un soggetto controverso sia nel dibattito pubblico e sia nella mostra personale di Silvia Mariotti in cui nozioni sublimi sulla natura si intrecciano al pensiero storico. Fotografie, video, sculture e installazioni sonore trasmettono al visitatore un duplice sublime terrore: la magnificenza della natura raffigurata che agisce sulla percezione, ma che implica anche risvolti storici. Il titolo è un riferimento al ricordo, al rammentare, al fare luce attraverso la ricerca artistica su un soggetto notturno - infatti Dawn è l’alba che gradualmente conduce alla luce. Si tratta di un lavoro inedito, per la prima volta presentato negli spazi della Galleria A plus A, costituito da quindici opere, tra sculture, fotografie, video e installazioni sonore, risultato dello studio che da oltre due anni Silvia Mariotti sta conducendo su questo argomento. Opere che l’artista ha sviluppato direttamente sul territorio andando alla ricerca di grotte abbandonate da decenni e note solo alle popolazioni locali. Illustri predecessori hanno tentato delle imprese analoghe, Felix Nadar è stato il primo a spingersi nel 1861 con una fotocamera nel sottosuolo di Parigi, anticipando i suoi colleghi con la sua iniziativa di scattare fotografie nella rete fognaria e nelle catacombe di una grande metropoli. Per la prima volta veniva attribuito all’obiettivo la capacità di effettuare scoperte, era nata l’arte della fotografia e il progetto fotografico e scultoreo di Silvia Mariotti è proprio come l’impresa di Nadar – una sublime scoperta.
Le foibe sono diventate negli ultimi decenni un simbolo della storia più recente dell’Italia e dell’Istria. Come il vaso di pandora, queste grotte sembrano contenere per l’immaginario collettivo tutti i mali del ventesimo secolo. Esse sono diventate il catalizzatore dell’odio etnico, di crimini di guerra contro gli italiani e contro la popolazione locale, dell’esperienza dell’esilio e del grande trauma della nazione creatosi tra due guerre mondiali. Ma queste caverne sono anche fenomeni naturali. Le foibe non parlano soltanto della storia europea del 20esimo secolo, ma di una natura e una geologia millenaria e di tutta una serie di suggestioni letterarie, psicologiche, teologiche, mitologiche ed estetiche.
Jules Verne, per esempio, visitando la cittadina istriana di Pisino e il fiume Foiba che scorre a valle, ha immaginato una realtà parallela all’interno della cavità terrestre, in cui i protagonisti del suo famoso romanzo d’avventura Viaggio al centro della terra scoprono al centro del pianeta un mondo in cui esistono mari sotterranei e irradiazioni elettriche, quasi appartenessero alla preistoria o universi alieni. La mostra di Silvia Mariotti, non è solamente una rivisitazione della storia recente, ma vuole essere anche una rivelazione di un fenomeno naturale unico nel suo genere. Nell’opera dell’artista italiana tutte queste accezioni si manifestano agli occhi del visitatore che apprende a destreggiarsi con una molteplicità di livelli di lettura capaci di aprire a interpretazioni e ad ampliare gli orizzonti spesso limitati dai traumi storici. Le opere in mostra richiedono soprattutto uno sguardo e un ricordo individuale del visitatore, poiché la dimensione del ricordo è qualcosa che riguarda soprattutto l’individuo. È proprio questa la magia del sublime: nonostante riguardi una sfera intima ha la forza di aprire l’accesso a una dimensione più autentica della natura e della storia. Silvia Mariotti è nata a Fano nel 1980, vive e lavora a Milano. Utilizza principalmente la fotografia per interrogare l’habitat che ci circonda, individuando i nessi esistenti tra ciò che è artificiale e naturale. L’occhio fotomeccanico si sofferma su atmosfere sfuggenti, elementi anomali o situazioni enigmatiche; si sforza di isolare lo sguardo dal clamore della vita, ostinandosi a rallentare il ritmo sincopato per afferrare quelle schegge che – se prese singolarmente – costituiscono la trama dell’esistenza, costellata da desideri e nostalgie, equilibri e antinomie, luci e ombre. In tutte le opere, Silvia Mariotti cerca di fare esperienza dei luoghi e delle persone per meglio riflettere sulla situazione ambientale e sociale in cui viviamo. La mostra è cura di Aurora Fonda e Sandro Pignotti, e l'accompagna un catalogo con testi critici di Paolo Fonda, Rebecca Moccia, Sandro Pignotti e Marta Verginella.
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Biglietto: ingresso libero

Fonte:

http://www.agendavenezia.org/it/evento-35092.htm







Come eravamo, in bianco e nero
dal 20/11/2015 al 31/01/2016

Mostra, a cura di Elisabetta Da Lio e Vittorio Pavan, con le immagini dell'agenzia fotogiornalistica Cameraphoto Archivio Cameraphoto Epoche Venezia
Sette lustri di vita veneziana, dal dopoguerra ai primi anni Ottanta, si raccontano nella “verità” della fotografia, in una vasta panoramica, che pur è soltanto una minima parte dello sconfinato archivio di Cameraphoto: allora concorrente nel fotogiornalismo con l’agenzia Afi del Gazzettino e con i fotografi dell’Ansa, oggi miniera forse unica per la memoria e la ricerca.
Preziosa per rinverdire il ricordo di chi c’era (e molto ha dimenticato) e per far conoscere a chi non c’era un “come eravamo” che fonda ancora il nostro oggi, l’antologia proposta al Candiani, spazia con tocco leggero e profondo insieme dalle miserabili condizioni dei pianiterra abitati ai fasti del “ballo del secolo” di Carlos de Beistegui a palazzo Labia, dal delitto di Ca’ Dario all’incendio della petroliera Luisa nel canale della Giudecca, dagli scioperi a Porto Marghera alla realizzazione dell’aeroporto di Tessera, dai lavori sul cavalcaferrovia all’arrivo dei profughi vietnamiti, dal recupero del sommergibile Medusa all’ambulanza in barca a remi, dal nascente Villaggio San Marco alle classi elementari rigorosamente monosex, in un caleidoscopico transitare dalla cronaca nera a quella rosa, dai grandi personaggi alla gente comune, dalla città d’acqua a quella di terraferma, dagli anni postbellici a quelli del boom, cui gli scarni accenni delle righe precedenti vogliono essere soltanto un modesto trailer, tanto per restare in tema di immagini...
Altri e altrove diranno dei fotografi che hanno operato nella lunga e complessa storia di quella che Dino Jarach fondò come Interfoto all’indomani della guerra, divenuta poi Cameraphoto e infine traghettata da Celio Scapin verso la riproduzione artistica, ma sempre attenta al fotogiornalismo. Nell’archivio curato da Vittorio Pavan, trecentomila negativi della gloriosa Rolleiflex attendono di raccontare di nuovo la storia di una città, della quale oggi offrono una affascinante carrellata.
(Leopoldo Pietragnoli)
dettagli
Biglietto: ingresso libero

Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35472.htm







Confluence Island
dal 19/11/2015 al 19/12/2015
              
Mostra 'Confluence Island' di Janet Bellotto, curata da KJ Baysa è aperta dal 20 novembre al 19 dicembre 2015.
Confluence Island è un luogo nato dall’unione di due isole che sono confluite assieme fino a formare uno spazio altro, allo stesso tempo unico e duplice. E’ una fusione, reale e immaginaria, di terre e acque vicine geograficamente ma lontane nella loro essenza. La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan Jeff-Baysa
dettagli
Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte:
http://www.agendavenezia.org/it/evento-35467.htm







Mostra personale di Leonardo D'Este
dal 19/11/2015 al 03/12/2015
Arte contemporanea (o moderna)? No grazie! E’ meglio fare un viaggio a ritroso e andare a ritrovare in un lontano passato altri punti di riferimento in maestri che si chiamano Velasquez, Tiziano o magari Sargent, nella loro versione di ritrattisti. E’ questo il percorso intrapreso dal veneziano Leonardo D’Este che, dopo la laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e varie esperienze nell’ambito del paesaggio e della figura, da quattro anni ha messo al centro della sua ricerca il volto umano, facendone quasi una missione, all’insegna della verità e della sincerità. Per rafforzare la sua formazione classica si reca in Grecia presso la scuola del maestro Konstantin Kerestetzis e poi a Firenze per frequentare i corsi di pittura della Florence Academy of Art e del Charles H.Cecil Studios. Esperienze che gli permettono di perfezionare sempre più la sua tecnica ritrattistica sia per quanto riguarda i dettagli che gli effetti di luce. Il metodo utilizzato è quello del sight size, con il modello posto a una certa di distanza dal cavalletto. Leonardo D’Este vive e opera nell’isola di Burano.
Rassegna a cura di Emanuele Horodniceanu
dettagli
Biglietto: ingresso libero
organizzatori
Fonte: http://www.agendavenezia.org/it/evento-35487.htm

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